Donatello e quel pulpito costato «poco danaio»
Prato: all’Archivio di Stato arriva una lettera del 1434 che ci informa sul capolavoro
La storia romantica di una lettera scomparsa e ritrovata, che racconta dello stupore dei contemporanei di Donatello al cospetto della sua opera. Oltre che della condizione economica — non certo idilliaca — in cui vivevano gli artisti nel Quattrocento. Sta tutto in una missiva che rappresenta la nuova straordinaria acquisizione da parte dell’Archivio di Stato di Prato, che ieri ha diffuso la notizia presentando i termini della vicenda per bocca dei suoi stessi protagonisti.
La lettera era stata scritta da Matteo degli Organi nel 1434 ed era andata perduta nell’Ottocento. Ma negli ultimi mesi sul mercato antiquario è stata offerta al direttore artistico della Camerata strumentale Città di Prato, Alberto Batisti. Quest’ultimo, rendendosi conto del suo valore documentario, ha informato Diana Toccafondi, della soprintendenza archivistica e bibliografica della Toscana. Così è cominciata l’operazione di recupero.
Il direttore dell’Archivio di Stato di Prato, Leonardo Meoni, ha svolto un’accurata ricerca: è stato confermato che il documento era già segnalato da Cesare Guasti nel 1865 come appartenente all’archivio del Patrimonio ecclesiastico. A questo punto, grazie all’intervento di mediazione della stessa Diana Toccafondi, il proprietario, dopo aver appreso l’originaria provenienza del documento e la sua storia, ha deciso spontaneamente di donare la lettera all’Archivio di Stato di Prato che ne è legittimo proprietario.
«Tutti coloro che se ne intendono vanno dicendo che mai si vide simile storia», scriveva il maestro d’organi Matteo da Prato (detto per questo Matteo degli Organi) all’Opera del Sacro Cingolo pratese. Ed è così che la parola storia — che oggi associamo più prosaicamente alle immagini dei social — assumeva già mezzo millennio fa un significato iconografico per trasposizione. La lettera era stata vergata su richiesta del suo amico Donatello, che aveva appunto ricevuto l’incarico di realizzare il pulpito della cattedrale e stava realizzando le prime tessere. La sua magnificazione dell’amico verso l’artista era anche strumentale. La lettera infatti continua comunicando la buona disposizione di Donatello a proseguire il lavoro, soprattutto se incoraggiato da «qualche danaio» da spendere per le prossime feste di San Giovanni. Non importa che sia molto — dice Matteo — perché Donatello è uomo «di piccolo pasto» e si contenta di poco, ma è importante che l’artista si senta riconosciuto per ciò che ha fatto e porti l’opera a compimento, «perché di maestri come lui se ne trovano ben pochi».