Il circo è sempre più Zen Anche il rock è in cerca di una casa accogliente
La band toscana stasera in concerto al TuscanyHall
«Abitare» se stessi, il proprio corpo come un rifugio, co me fosse una «casa», il luogo del pensiero, dell’elaborazione del dolore, della solitudine, delle paure. Anche e soprattutto di quelle con cui abbiamo imparato a convivere negli ultimi anni, con la pandemia prima, con la guerra in Ucraina poi. Abitarlo nel senso di farci i conti e provare a starci «comodi», o almeno a conviverci. Quando Andrea Appino ha scritto L’ultima casa accogliente la guerra non era nemmeno un pensiero remoto, ma la pandemia sì, una realtà spaventosa, eravamo in pieno lockdown, ed è in questi termini e in questa chiave che ha voluto affrontare le domande del presente — Appino, come ogni cantautore che si rispetti, non può esimersi dal farlo — Eppure a riascoltarlo adesso sembra parlare anche di ciò che sta succedendo tra Russia e Ucraina.
L’ultima casa accogliente è il più recente lavoro discografico degli Zen Circus, il trio ora quartetto pisano-livornese che da dieci anni rappresenta ai massimi livelli nazionali il punk-rock d’autore made in Toscana. L’ultimo club accogliente è il loro tour dei club e dei palazzetti appunto, che stasera alle 21.15 approda al TuscanyHall di Firenze. Sono 20 anni di carriera, 11 gli album firmati Zen — più uno firmato solo Appino — poi c’è stato il «romanzo» della loro vita intitolato come il loro brano più famoso: Andate tutti affanculo. E tutti gli altri sconvolgimenti: oggi il trio originale formato da Appino, Ufo e Karim, a cui si è aggiunta la chitarra di Maestro Pellegrini, ha dato una svolta al suo modo di scrivere canzoni e di portarle su un palcoscenico: come in una metafora, la furia liberatoria del rock non è più così furiosa e vuole trovarsi una casa accogliente dove riscaldarsi. L’ultima casa accogliente è il primo disco postacclamazione nazionale dovuta alla partecipazione al Festival di Sanremo, il primo post-pandemia, il primo post-romanzo autobiografico (o «anti-biografico» come amano dire loro) dedicato appunto al concetto di «casa» a partire proprio dal corpo.
La casa e il corpo che abbiamo imparato a riconsiderare sotto tutt’altra luce, con il lockdown. E che gli Zen affrontano sempre con impeto ed energia, dall’assolo chitarristico di Non al romanticismo di Appesi alla luna,o nell’invocazione di Come se provassi amore.