LA MOVIDA LIQUIDA E I RESIDENTI
Estate nuova, regole nuove. Anzi, un po’ vecchie. Ma meglio di niente. La modalità estiva della «movida» 2022, anzi della «fermida» visto che il fenomeno da noi si esplica nella stanzialità nelle piazze anziché nel muoversi da un luogo all’altro come avveniva nelle città spagnole degli anni Ottanta, avranno dunque regole precise ed in buona parte ragionevoli (come l’apertura dei servizi igienici gratuiti fino alle tre del mattino) ma difficilmente sufficienti a raggiungere un equilibrio duraturo tra bisogni, esigenze e desideri di movidanti e residenti. Questi ultimi, peraltro, hanno segnalato una sgrammaticatura che è difficile contestare, e cioè che la presentazione dei provvedimenti, tra cui l’impiego di steward e l’uso dei sagrati per eventi culturali, sia stata fatta solo dal sindaco, dal prefetto e dai rappresentanti delle categorie economiche: sintomo evidente di un percorso al quale non hanno partecipato però i residenti ed i loro comitati. In un Paese dove si fa un tavolo per ogni questione, forse era il caso di farlo anche con loro. E magari, oltre ad aggiungere un posto a tavola, anzi al tavolo, far diventare permanente e non episodico un confronto per rendere più condivisa ogni scelta presente e futura. Anche soltanto perché fosse comune una responsabilità, ovviamente a vario titolo e nel rispetto dei ruoli, dalla quale chi non è stato coinvolto potrà anche smarcarsi nel caso in cui tutto non vada come augurabilmente previsto.
Più volte è stato detto che chi decide di restare ad abitare nelle zone di Santo Spirito, Oltrarno, Santa Croce, Sant’Ambrogio, ma in generale nel centro storico ormai conquistato da tutti altri usi diversi dalla residenza, sono degli eroici resistenti per le tante difficoltà determinate dalla rarefazione di servizi che non siano a misura di turista. Ma rappresentare la soluzione dei problemi come se fosse una questione che, oltre alle istituzioni, debba interessare solo gli operatori economici si può rivelare un errore anche per il futuro: con questi presupposti quale attrazione potranno avere le spesso annunciate iniziative per promuovere il ritorno di consistenti quote di abitanti nel centro? Se i provvedimenti presi avranno effetto lo sapremo presto. Inutile, e ingiusto, buttare fin d’ora il bambino con l’acqua sporca. Anche se la sensazione è che la città si stia misurando con una visione non aggiornata della «movida», con una sua versione prepandemica, nei confronti della quale anche i più generosi sforzi potrebbero rilevarsi inadeguati. Dopo i due anni di stop, ed anche nelle brevi finestre di paranormalità che il virus ci ha regalato, si sono affacciati sulla scena nuovi protagonisti. Sono in gran parte non più vecchi movidari militanti, trentenni e quarantenni e oltre, amanti del piacevole tirare tardi con un bicchiere in mano, bensì ragazzi, spesso adolescenti, compressi come molle per mesi dalla costrizione in casa. Una generazione resa più ruvida di quella precedente dalla rinuncia forzata a due anni preziosi. Giovanissimi in cerca di qualsiasi spazio possano identitariamente occupare, se non reputano più praticabili le «classiche» piazze della notte, pronti ad adattarsi a non-luoghi, come le gradinate laterali della basilica di Santo Spirito, lontane dai locali della piazza. Una moltitudine liquida e mobilissima e che, a proposito di liquidi, è indifferente ai divieti di vendere alcolici visto che se li portano da casa o se ne riforniscono dai borsoni di improvvisati rivenditori coetanei. Un fenomeno al quale sarebbe inutile replicare con forme obsolete di proibizionismo e tantomeno con la militarizzazione del centro storico. Non sappiamo esattamente i suoi contorni, né quale possa essere una proposta adeguata da offrire. Ma prendere atto che qualcosa è cambiato, forse può aiutare.