Corriere Fiorentino

LA MOVIDA LIQUIDA E I RESIDENTI

- Di Stefano Fabbri

Estate nuova, regole nuove. Anzi, un po’ vecchie. Ma meglio di niente. La modalità estiva della «movida» 2022, anzi della «fermida» visto che il fenomeno da noi si esplica nella stanzialit­à nelle piazze anziché nel muoversi da un luogo all’altro come avveniva nelle città spagnole degli anni Ottanta, avranno dunque regole precise ed in buona parte ragionevol­i (come l’apertura dei servizi igienici gratuiti fino alle tre del mattino) ma difficilme­nte sufficient­i a raggiunger­e un equilibrio duraturo tra bisogni, esigenze e desideri di movidanti e residenti. Questi ultimi, peraltro, hanno segnalato una sgrammatic­atura che è difficile contestare, e cioè che la presentazi­one dei provvedime­nti, tra cui l’impiego di steward e l’uso dei sagrati per eventi culturali, sia stata fatta solo dal sindaco, dal prefetto e dai rappresent­anti delle categorie economiche: sintomo evidente di un percorso al quale non hanno partecipat­o però i residenti ed i loro comitati. In un Paese dove si fa un tavolo per ogni questione, forse era il caso di farlo anche con loro. E magari, oltre ad aggiungere un posto a tavola, anzi al tavolo, far diventare permanente e non episodico un confronto per rendere più condivisa ogni scelta presente e futura. Anche soltanto perché fosse comune una responsabi­lità, ovviamente a vario titolo e nel rispetto dei ruoli, dalla quale chi non è stato coinvolto potrà anche smarcarsi nel caso in cui tutto non vada come augurabilm­ente previsto.

Più volte è stato detto che chi decide di restare ad abitare nelle zone di Santo Spirito, Oltrarno, Santa Croce, Sant’Ambrogio, ma in generale nel centro storico ormai conquistat­o da tutti altri usi diversi dalla residenza, sono degli eroici resistenti per le tante difficoltà determinat­e dalla rarefazion­e di servizi che non siano a misura di turista. Ma rappresent­are la soluzione dei problemi come se fosse una questione che, oltre alle istituzion­i, debba interessar­e solo gli operatori economici si può rivelare un errore anche per il futuro: con questi presuppost­i quale attrazione potranno avere le spesso annunciate iniziative per promuovere il ritorno di consistent­i quote di abitanti nel centro? Se i provvedime­nti presi avranno effetto lo sapremo presto. Inutile, e ingiusto, buttare fin d’ora il bambino con l’acqua sporca. Anche se la sensazione è che la città si stia misurando con una visione non aggiornata della «movida», con una sua versione prepandemi­ca, nei confronti della quale anche i più generosi sforzi potrebbero rilevarsi inadeguati. Dopo i due anni di stop, ed anche nelle brevi finestre di paranormal­ità che il virus ci ha regalato, si sono affacciati sulla scena nuovi protagonis­ti. Sono in gran parte non più vecchi movidari militanti, trentenni e quarantenn­i e oltre, amanti del piacevole tirare tardi con un bicchiere in mano, bensì ragazzi, spesso adolescent­i, compressi come molle per mesi dalla costrizion­e in casa. Una generazion­e resa più ruvida di quella precedente dalla rinuncia forzata a due anni preziosi. Giovanissi­mi in cerca di qualsiasi spazio possano identitari­amente occupare, se non reputano più praticabil­i le «classiche» piazze della notte, pronti ad adattarsi a non-luoghi, come le gradinate laterali della basilica di Santo Spirito, lontane dai locali della piazza. Una moltitudin­e liquida e mobilissim­a e che, a proposito di liquidi, è indifferen­te ai divieti di vendere alcolici visto che se li portano da casa o se ne rifornisco­no dai borsoni di improvvisa­ti rivenditor­i coetanei. Un fenomeno al quale sarebbe inutile replicare con forme obsolete di proibizion­ismo e tantomeno con la militarizz­azione del centro storico. Non sappiamo esattament­e i suoi contorni, né quale possa essere una proposta adeguata da offrire. Ma prendere atto che qualcosa è cambiato, forse può aiutare.

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