«In un paio d’anni possiamo non essere più dipendenti dal gas della Russia»
Bini Smaghi: «Ma non è pensabile tornare subito alla situazione pre 24 febbraio»
«Si può mettere in atto un programma a tappe, prima con il petrolio, che si può facilmente acquistare altrove, e poi col gas. Nel giro di un paio di anni non saremo più dipendenti dalla Russia». Scenari sull’energia, l’economia e il ruolo dell’Ue. Con Lorenzo Bini Smaghi, economista ex membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea, attuale presidente della Fondazione per le Arti contemporanee in Toscana, di approfondiamo i temi sollevati nel corso del «The State of the Union».
L’Unione Europea, a suo giudizio, esce rafforzata o indebolita dall’offensiva della Russia in Ucraina?
«Gli ucraini vogliono far parte dell’Ue, che per loro è sinonimo di prosperità, libertà e pace; mentre la Russia cerca di impedirlo. È una chiara testimonianza della forza di attrazione dell’Europa e dei suoi valori. La reazione dei Paesi europei a questa domanda di solidarietà è stata senza precedenti. L’Unione ne esce sicuramente rafforzata».
Quali sono le idee forti e le personalità che possono guidare l’Unione con una voce autorevole?
«L’Europa non si costruisce con solo una o due persone, ma con l’apporto di tutti quelli che vogliono dare un contributo positivo alla sua evoluzione. Macron ha dato un impulso e la sua rielezione è un messaggio importante. Anche Draghi sta svolgendo un ruolo propulsivo. L’Europa ha bisogno di una Italia propositiva, rappresentata da leader che ne capiscono l’opportunità di sviluppo».
Sono sufficienti le risposte che l’Ue sta dando riguardo l’incertezza sul futuro?
«Ha dato risposte molto for
ti, in termini di solidarietà e capacità di affrontare insieme le sfide che i Paesi, da soli, non riescono a risolvere. C’è ancora molta strada da fare, e questo dipenderà dall’intelligenza dei popoli e dei loro leader nel capire il valore aggiunto di agire insieme piuttosto che separatamente. All’inizio della crisi pandemica in molti sostenevano che la Cina sarebbe stato il paese che avrebbe tratto maggior vantaggio. Ora ci si rende conto che potrebbe essere invece il grande perdente, con una strategia di controllo dei contagi che non funziona e il rifiuto dei vaccini occidentali. L’Europa ha affrontato la crisi in modo più confusionario, come spesso accade, ma è stata in grado di mettere in piedi una risposta senza precedenti. Il fatto che si possa oggi circolare liberamente all’interno dell’Unione, senza più green pass, mentre a Shangai sono in milioni ad essere ancora chiusi in casa lo dimostra».
«Metteremo fine alle importazioni di petrolio, dobbiamo portare a termine la nostra politica di zero gas dalla Russia», ha detto la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola. Lei crede che l’Europa abbia davvero la forza per farlo?
«Certo! Anche se non è detto che si debba fare tutto subito. Si può mettere in atto un programma a tappe, prima con il petrolio, che si può facilmente acquistare altrove, e poi col gas. Nel giro di un paio di anni non saremo più dipendenti dalla Russia. Non è vero, peraltro, che acquistando l’energia dalla Russia le si finanzia la guerra, perché le riserve ufficiali della Banca Centrale Russa sono congelate e c’è un embargo sulle esportazioni di prodotti tecnologici che potrebbero servire a costruire armamenti. L’obiettivo delle sanzioni è quello di indebolire l’economia russa per renderle più difficile l’escalation militare e di estendere la minaccia ad altri paesi».
Crede che stiamo andando incontro a un periodo di stagflazione?
«Ci sarà meno crescita nel breve periodo e una inflazione in aumento, anche se dovremmo essere vicini al picco. L’economia dovrebbe riprendere a crescere nella seconda parte dell’anno e i colli di bottiglia che tengono alti i prezzi delle materie prime dovrebbero progressivamente sciogliersi. L’azione di sostegno pubblico ha consentito di attutire lo choc. La durata del conflitto è una variabile determinante, anche se non è pensabile tornare rapidamente alla situazione precedente al 24 febbraio. Il sistema internazionale cambierà radicalmente, con un grado di integrazione minore, il che potrebbe anche essere benefico per alcuni settori produttivi che avevano subito una forte delocalizzazione negli ultimi anni».
Il sindaco di Firenze ha lanciato un avvertimento sul
rischio di spreco delle risorse del Next Eu. Crede che lo scenario dovrebbe spingerci a riconsiderare gli investimenti?
«Se cominciamo a rimettere in discussione le decisioni fondamentali del Pnrr, rischiamo di perdere tutto. Semmai si dovranno scegliere delle priorità, cosa che non è mai facile politicamente».
Trova giusto e utile che in un momento come questo si
spendano risorse per opere come il rifacimento dello stadio Franchi?
«Come tifoso della Fiorentina, potrei anche ritenerlo, se si riuscisse a trovare i fondi necessari per completare l’opera, in tempi ragionevoli. Se però penso che questi fondi provengono in larga parte da contributi a fondo perduto — sostanzialmente un regalo — dai paesi del Nord Europa, mi domando quale possa essere la reazione dei contribuenti di quei paesi all’idea che le loro tasse vengano usate in questo modo. Il rischio è che ci sia una reazione negativa, che poi pregiudichi la volontà di quei paesi di costruire una capacità fiscale europea permanente, come chiede il governo italiano, per far fronte alle prossime emergenze».
Pnrr e regole Se si comincia a metterne in discussione i punti fondamentali rischiamo di perdere tutto
Pnrr e Franchi Contento come tifoso, ma c’è il pericolo di una reazione negativa dei Paesi del Nord Europa