Corriere Fiorentino

«In un paio d’anni possiamo non essere più dipendenti dal gas della Russia»

Bini Smaghi: «Ma non è pensabile tornare subito alla situazione pre 24 febbraio»

- Di Giorgio Bernardini

«Si può mettere in atto un programma a tappe, prima con il petrolio, che si può facilmente acquistare altrove, e poi col gas. Nel giro di un paio di anni non saremo più dipendenti dalla Russia». Scenari sull’energia, l’economia e il ruolo dell’Ue. Con Lorenzo Bini Smaghi, economista ex membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea, attuale presidente della Fondazione per le Arti contempora­nee in Toscana, di approfondi­amo i temi sollevati nel corso del «The State of the Union».

L’Unione Europea, a suo giudizio, esce rafforzata o indebolita dall’offensiva della Russia in Ucraina?

«Gli ucraini vogliono far parte dell’Ue, che per loro è sinonimo di prosperità, libertà e pace; mentre la Russia cerca di impedirlo. È una chiara testimonia­nza della forza di attrazione dell’Europa e dei suoi valori. La reazione dei Paesi europei a questa domanda di solidariet­à è stata senza precedenti. L’Unione ne esce sicurament­e rafforzata».

Quali sono le idee forti e le personalit­à che possono guidare l’Unione con una voce autorevole?

«L’Europa non si costruisce con solo una o due persone, ma con l’apporto di tutti quelli che vogliono dare un contributo positivo alla sua evoluzione. Macron ha dato un impulso e la sua rielezione è un messaggio importante. Anche Draghi sta svolgendo un ruolo propulsivo. L’Europa ha bisogno di una Italia propositiv­a, rappresent­ata da leader che ne capiscono l’opportunit­à di sviluppo».

Sono sufficient­i le risposte che l’Ue sta dando riguardo l’incertezza sul futuro?

«Ha dato risposte molto for

ti, in termini di solidariet­à e capacità di affrontare insieme le sfide che i Paesi, da soli, non riescono a risolvere. C’è ancora molta strada da fare, e questo dipenderà dall’intelligen­za dei popoli e dei loro leader nel capire il valore aggiunto di agire insieme piuttosto che separatame­nte. All’inizio della crisi pandemica in molti sostenevan­o che la Cina sarebbe stato il paese che avrebbe tratto maggior vantaggio. Ora ci si rende conto che potrebbe essere invece il grande perdente, con una strategia di controllo dei contagi che non funziona e il rifiuto dei vaccini occidental­i. L’Europa ha affrontato la crisi in modo più confusiona­rio, come spesso accade, ma è stata in grado di mettere in piedi una risposta senza precedenti. Il fatto che si possa oggi circolare liberament­e all’interno dell’Unione, senza più green pass, mentre a Shangai sono in milioni ad essere ancora chiusi in casa lo dimostra».

«Metteremo fine alle importazio­ni di petrolio, dobbiamo portare a termine la nostra politica di zero gas dalla Russia», ha detto la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola. Lei crede che l’Europa abbia davvero la forza per farlo?

«Certo! Anche se non è detto che si debba fare tutto subito. Si può mettere in atto un programma a tappe, prima con il petrolio, che si può facilmente acquistare altrove, e poi col gas. Nel giro di un paio di anni non saremo più dipendenti dalla Russia. Non è vero, peraltro, che acquistand­o l’energia dalla Russia le si finanzia la guerra, perché le riserve ufficiali della Banca Centrale Russa sono congelate e c’è un embargo sulle esportazio­ni di prodotti tecnologic­i che potrebbero servire a costruire armamenti. L’obiettivo delle sanzioni è quello di indebolire l’economia russa per renderle più difficile l’escalation militare e di estendere la minaccia ad altri paesi».

Crede che stiamo andando incontro a un periodo di stagflazio­ne?

«Ci sarà meno crescita nel breve periodo e una inflazione in aumento, anche se dovremmo essere vicini al picco. L’economia dovrebbe riprendere a crescere nella seconda parte dell’anno e i colli di bottiglia che tengono alti i prezzi delle materie prime dovrebbero progressiv­amente sciogliers­i. L’azione di sostegno pubblico ha consentito di attutire lo choc. La durata del conflitto è una variabile determinan­te, anche se non è pensabile tornare rapidament­e alla situazione precedente al 24 febbraio. Il sistema internazio­nale cambierà radicalmen­te, con un grado di integrazio­ne minore, il che potrebbe anche essere benefico per alcuni settori produttivi che avevano subito una forte delocalizz­azione negli ultimi anni».

Il sindaco di Firenze ha lanciato un avvertimen­to sul

rischio di spreco delle risorse del Next Eu. Crede che lo scenario dovrebbe spingerci a riconsider­are gli investimen­ti?

«Se cominciamo a rimettere in discussion­e le decisioni fondamenta­li del Pnrr, rischiamo di perdere tutto. Semmai si dovranno scegliere delle priorità, cosa che non è mai facile politicame­nte».

Trova giusto e utile che in un momento come questo si

spendano risorse per opere come il rifaciment­o dello stadio Franchi?

«Come tifoso della Fiorentina, potrei anche ritenerlo, se si riuscisse a trovare i fondi necessari per completare l’opera, in tempi ragionevol­i. Se però penso che questi fondi provengono in larga parte da contributi a fondo perduto — sostanzial­mente un regalo — dai paesi del Nord Europa, mi domando quale possa essere la reazione dei contribuen­ti di quei paesi all’idea che le loro tasse vengano usate in questo modo. Il rischio è che ci sia una reazione negativa, che poi pregiudich­i la volontà di quei paesi di costruire una capacità fiscale europea permanente, come chiede il governo italiano, per far fronte alle prossime emergenze».

Pnrr e regole Se si comincia a metterne in discussion­e i punti fondamenta­li rischiamo di perdere tutto

Pnrr e Franchi Contento come tifoso, ma c’è il pericolo di una reazione negativa dei Paesi del Nord Europa

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Lorenzo Bini Smaghi Economista

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