Il mangificio si prende la vetrina
Sui marciapiedi, appesi ai dehors, attaccati ai muri. In piazza Santa Felicita i tabelloni coprono anche la chiesa Il boom dei maxi menu acchiappaturisti con le foto dei piatti. Il nostro viaggio in città
Uno slalom tra locandine e insegne, cartelli accattivanti, manifesti con i menu, fotografie di piatti più o meno succulenti, che siano bistecche o croissant, panini o omelette. Un viaggio tra gli inviti a sedersi e a mangiare che parte da Santa
Felicita, cuore del’Oltrarno, dove i tabelloni acchiappaturisti oscurano la chiesa, e arriva in Santa Maria Novella, al Duomo, fino a via de’ Neri, dove la schiacciata in strada regna incontrastata.
La bistecca come insegna della chiesa: è questo l’effetto che un grande cartello fa ai passanti che entrano in piazza Santa Felicita da via Guicciardini. Perché fuori dal dehors del ristorante Santa Felicita Ponte Vecchio, come se lo spazio occupato dai tavolini non fosse già abbastanza, una grande locandina ostruisce la vista sull’ingresso della chiesa. E per richiamare i clienti recita: «Bistecca fiorentina con filetto da 1 kg + patate arrosto». Non è solo il profano che sfida il sacro, ma è l’immagine del grosso pezzo di carne che si fa beffe della storia dell’arte. E, quando finisce l’orario dei pasti, basta voltare la locandina per far spuntare una bottigliona di Aperol circondata dalle tartine.
La chiesa millenaria di Santa Felicita è presa d’assedio, anche sull’altro lato della piazza i cartelli spuntano oltre i tavolini a sponsorizzare lo spritz. Nel centro di Firenze, col ritorno del caldo e dei turisti, locandine, cartelli e manifesti di bar e ristoranti sembrano una sfida a chi ce l’ha più grande, più colorata, più di pessimo gusto. Sono le pubblicità acchiappa-turisti.
In piazza Santa Maria Novella, i titolari di un bar, pur di invitare i clienti a lasciare la mancia, non si sono fatti scrupoli: «La nuda verità sulle cameriere — è scritto in inglese su una lavagna — è che loro flirtano con te per avere mance migliori. Vogliono andare in vacanza a Cuba». A pochi metri, a ridosso della basilica, ecco la locandina con le colazioni: croissant, muffin e omelette sono fotografati per evitare il rischio che al turista non cada l’occhio. Con buona pace di Leon Battista Alberti.
L’immagine della bistecca, questa volta cotta, compare invece all’ombra del Duomo, ma il peggio arriva dal manifesto con la pinsa bianca con mortadella e pistacchi, il cui aspetto difficilmente potrebbe attrarre un italiano.
Del resto, il centro storico è un trionfo di bistecche in vetrina, stavolta vere, ma spesso così scure da far pensare che abbiano ormai una certa età. Ricordano la Luisona: è
L’acchiappa mance Sulla civetta in Santa Maria Novella: «La nuda verità sulle cameriere è che loro flirtano con te per avere mance migliori. Vogliono andare in vacanza a Cuba»
la celebre pastarella del Bar Sport di Stefano Benni, diventata simbolo del locale per decenni, fin quando non viene mangiata da un ignaro quanto sfortunato rappresentante milanese. Tra le bistecche più marroni ci sono quelle di un ristorante di via dei Neri, dove il cameriere distribuisce bigliettini pubblicitari ai passanti, compresi dei fiorentini che sgranano gli occhi sulla vetrina e accelerano il passo.
La sagra del kitsch raggiunge vette altissime poco distante, all’Antico Vinaio, che non contento di saturare la strada con le code chilometriche dei clienti, la arreda con un sobrio manifesto appeso al muro: c’è la foto del titolare, un Tommaso Mazzanti sorridente, con una schiacciata in mano e la scritta «Bada come la fuma».
Pochi centimetri sopra, c’è il listello di marmo che ricorda che è «vietata l’affissione». È un’invasione. Non solo di insegne, ma anche della stessa merce che fa da richiamo. I marciapiedi sono invasi, i venditori di borse occupano gli spazi già stretti destinati ai passanti, e talvolta, come in via dei Servi, arrivano anche a coprire l’androne della porta accanto. E c’è il vinaio di via Santa Margherita, che per farsi vedere, piazza le locandine in via del Corso, una persino appesa a una colonna storica, proprio sotto un tabernacolo Seicentesco che raffigura un’annunciazione.
Nella città che col Buontalenti inventò il gelato, poteva mancare il sagomato del cono? A pensarci è stato Grom, che, con anche la locandina sulla «special cialda» occupa due volte il marciapiede di via del Campanile.