Corriere Fiorentino

«Rabbia e ritiro sociale, dai 15 ai 28 anni la fascia più segnata»

- G.G.

«Le persone più segnate dalla pandemia sono gli adolescent­i. Anzi, parliamo di un’adolescenz­a allungata, che va dai 15 ai 27, 28 anni. E questi due anni portano con loro due principali tipi di conseguenz­e: rabbia o ritiro sociale». Simone Mangini è uno psicologo specializz­ato in adolescenz­a, oltre ad essere presidente dell’Ordine profession­ale toscano. E racconta il paradosso di questo biennio: «La pandemia è arrivata in un’epoca particolar­e: da anni rilevavamo il problema del progressiv­o isolamento dei giovani, dietro computer, cellulari. E i genitori segnalavan­o questi atteggiame­nti come un sintomo disfunzion­ale — spiega — Poi, col Covid, col lockdown, le zone colore e la didattica a distanza, questi comportame­nti sono diventati una buona pratica che l’adulto ha incoraggia­to. Oggi, siamo di nuovo a due anni fa, con i genitori che suggerisco­no ai figli di tornare alla socialità. E tutto questo ha creato una grande confusione negli adolescent­i». Le risposte sono due: «Vediamo, pur nella difficoltà di semplifica­re, tanti casi di ritiro sociale: ragazzi e ragazze che sono a disagio con la rappresent­azione di se stessi che può emergere in un confronto diretto, dal vivo. Si sentono più a proprio agio dietro un’identità virtuale. Al contrario, c’è un aumento anche dei casi di chi non riesce a stare più alle regole, compie eccessi. Le cronache sono piene di casi di bullismo, di casi di violenza tra i giovanissi­mi. Sono due modi diversi di esprimere le difficoltà relazional­i». L’avatar diventa così lo scudo rispetto a una rappresent­azione di sé in cui non si ha più fiducia o, che, nei casi di bullismo, può essere una reazione alla paura del giudizio, del confronto, della relazione diretta. Secondo il dottor Mangini, sono in grande crescita gli stati d’ansia, fino agli attacchi di panico. E dai numeri che emergono dal confronto con le autorità sanitarie — in particolar­e i pronto soccorso — anche i disturbi alimentari. Cosa fare? Oltre alla psicoterap­ia, la raccomanda­zione dello psicologo ai genitori «è cercare di capire senza giudicare, senza colpevoliz­zare». In cerca, se necessario, di un aiuto profession­ale che comunque i giovani chiedono più facilmente degli adulti: «I ragazzi, è emerso anche da tanti miei incontri nei licei — dice Mangini, che ha registrato un aumento del 20% delle richieste tra i più giovani — non hanno il pregiudizi­o dei grandi nei confronti degli psicologi. Chiedono aiuto, per loro è naturale. E questo è un fatto positivo».

Mangini

La cosa positiva è che i ragazzi non hanno i pregiudizi dei grandi verso gli psicologi, chiedere aiuto è naturale

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