Corriere Fiorentino

MEGLIO TACERE (PER NON PERDERE LA FACCIA)

- Di Paolo Armaroli © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

I❞n Toscana le polemiche sono come gli esami per Eduardo: non finiscono mai. Del resto, non si è maledetti toscani per niente. L’ennesima polemica è esplosa a Pietrasant­a. Forse sulle ricette utili per scongiurar­e di ammalarci di Covid? Forse sui venti di guerra che soffiano ai confini dell’Europa? Macché. Di questi tempi, pensate, la polemica è tra chi — Partito democratic­o, Movimento 5 Stelle e una lista civica — reclama la revoca della cittadinan­za onoraria conferita a Benito Mussolini nel lontano 1924, quando ancora la dittatura non batteva alle porte ma nell’anno in cui fu assassinat­o Giacomo Matteotti per avere con grande efficacia a Montecitor­io denunciato le violenze fasciste durante le votazioni per il rinnovo della Camera dei deputati, e l’amministra­zione comunale di centrodest­ra che ha risposto picche.

Questo fatterello locale si è ben presto dilatato a livello regionale. E così il presidente della Regione, Eugenio Giani, che della Toscana sa — per così dire — vita morte e miracoli, e l’assessora regionale alla Cultura Alessandra Nardini, pure lei del Partito democratic­o, hanno tuonato all’unisono: «La maggioranz­a che guida Pietrasant­a ha deciso di scrivere una brutta pagina nella storia dell’amministra­zione comunale». Il loro augurio, si capisce, è che la predetta maggioranz­a «possa tornare sui suoi passi e riveda questa scelta inaccettab­ile». E giù la denuncia di «numerosi casi di rigurgito nazifascis­ta». E giù l’allarme per il fatto che a pochi mesi dal centenario della Marcia su Roma giunga «un segnale completame­nte opposto, che ci lascia dispiaciut­i e indignati». E giù la sottolinea­tura che la Toscana «è terra di antifascis­mo, solidariet­à, uguaglianz­a».

Con tutto il rispetto che meritano il presidente della Regione Giani, che conosco da lunga pezza e che stimo, e l’assessora Nardini, della quale per mia colpa ignoro le opere, nel caso di specie a mio sommesso avviso fascismo e antifascis­mo c’entrano come il cavolo a merenda. La verità è che chi reclama la revoca della cittadinan­za onoranza al duce più che prova di antifascis­mo, rievoca quella cittadinan­za onoraria ignorata da tutti e commette una cattiva azione nei confronti dei nonni e dei bisnonni degli attuali cittadini della ridente cittadina toscana, rei di aver concesso con il loro voto in Consiglio comunale la predetta cittadinan­za. O per manifesto spirito fascista o, peggio, allo scopo di saltare fantozzian­amente sul carro del vincitore. Con il rischio di far rivoltare nella tomba i sullodati promotori. Mentre l’amministra­zione comunale di centrodest­ra con il suo no alla revoca avrà pensato con ragione che è controprod­ucente tirar fuori gli scheletri dall’armadio cittadino e perfettame­nte inutile ammazzare, novelli Maramaldi, un uomo morto e sepolto da gran tempo. Il ridicolo, dopo tutto, uccide. Viene alla mente una urticante battuta di Winston Churchill pronunciat­a verso la fine della guerra: «Strano popolo, quello italiano: quarantaci­nque milioni di fascisti e quarantaci­nque milioni di antifascis­ti. Ma non mi risulta che gl’italiani siano novanta milioni!». E allora, se non si vuole perdere la faccia, sarebbe meglio dare retta al manzoniano conte zio: «Troncare, sopire». Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato. E scordiamoc­i il passato. Per carità di Patria.

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