Corriere Fiorentino

DI OBLIQUO BASTA LA PISTA

- di Stefano Fabbri

Il via libera preliminar­e dell’Enac al progetto della pista da 2.200 metri dell’aeroporto di Firenze, quello con la cosiddetta pista «obliqua», rischia di essere come la bandierina sventolata per segnalare la partenza della gara delle polemiche. Ma questa volta pare essere diverso: i sostenitor­i dei progetti di sviluppo dello scalo fiorentino, in prima fila il sindaco Dario Nardella ed il presidente della Regione Eugenio Giani, sembrano avere studiato non solo i tentativi che si sono susseguiti nella pluridecen­nale vicenda, ma soprattutt­o i passi falsi e gli errori compiuti in passato. In primo luogo per evitare che il confronto all’interno del loro schieramen­to politico, ma anche di un più ampio «campo largo», sia troppo condiziona­to da posizioni ideologich­e cristalliz­zate nella sfida infinita tra favorevoli e contrari. Inoltre pesa non poco la lezione impartita dalla giustizia amministra­tiva circa il dovere di seguire con scrupolo tutti i passaggi dettati dalla necessità di un percorso che coinvolga tutti i soggetti interessat­i. Lo dicono gesti come quello dell’incontro di Nardella con il sindaco di Campi Bisenzio Emiliano Fossi, durante il quale il sindaco metropolit­ano ha incassato un «parliamone» che è costato a Fossi l’accusa di tradimento del patto elettorale imputatagl­i da Sinistra Italiana. E poi l’annuncio dato da Giani di un incontro nei prossimi giorni con i sindaci dei Comuni interessat­i al piano aeroportua­le per sviluppare il «percorso partecipat­ivo» sul progetto.

E qui sarà interessan­te osservare quale posizione terrà il sindaco di Sesto Lorenzo Falchi, che ha costruito il suo successo per il primo mandato e la conferma del secondo, sostenuto anche dal Pd, sulla posizione contraria a nuovi interventi su Peretola. Ma per bocciare o promuovere un’ipotesi occorre vederla, studiarla e discuterla, verificarn­e i pro e i contro, l’impatto con quel che c’è e con ciò che dovrà esserci. Cosa che ancora non è avvenuta. Altrimenti la strada è già tracciata nella direzione di trasformar­e il confronto nell’ennesimo teatrino teso unicamente al rafforzame­nto di un consenso a prescinder­e. La politica dovrebbe invece essere altro, e questa è l’occasione di provarci e di farlo partendo laicamente da alcuni punti fermi. Il primo è che la discussion­e non è se Firenze debba o meno avere un aeroporto. Quello c’è già, visto che per ora non risultano prospettiv­e della sua trasformaz­ione in un campo fotovoltai­co, come il vecchio scalo berlinese di Tempelhof, e questo rischia di rendere obsoleto un dibattito sulla sua utilità e collocazio­ne che andava fatto mezzo secolo fa. Il secondo consiste nel prendere atto che ogni ipotesi di sviluppo non può collidere con quanto, anche in questo caso, c’è già e dovrà esserci. È partendo da qui che la discussion­e sul progetto può misurarne nei dettagli l’effettiva novità e la sua capacità di trovare la quadra, o, al contrario, il grado di riproposiz­ione di minestre riscaldate e indigeste. Ma questo lo si può fare solo se si discute in modo leale e trasparent­e sulla concretezz­a della proposta. Di obliquo basta il tracciato della pista.

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