Corriere Fiorentino

Una folgorazio­ne (tra danza e lampadine)

- Storie d’amore Enzo Fileno Carabba © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Si scambiaron­o il numero di telefono in un locale, mentre uno andava via nella notte e l’altro rimaneva. Tempo dopo Marco stava correndo per prendere il treno quando si sentì chiamare. Ricambiò il saluto senza smettere di correre. «E se fosse lui?» pensò. Era lui. Si scrissero. Marco propose: «Prendiamo un aperitivo?». «Preferisco andare al cinema» rispose Giuseppe. «Giusto. Basta con gli aperitivi» scrisse Marco. Si incontraro­no. Giuseppe ogni tanto rideva splendidam­ente, senza che si capisse il motivo. Marco venne ammaliato dal mistero di questa risata che sembra sgorgare dal nulla ma poi va sempre da qualche parte. Giuseppe, filosofo, aveva capito che Marco era un elettricis­ta e questa idea dell’uomo elettrico lo faceva impazzire. Lo baciò. «Filosofo focoso» pensò Marco. Un bel giorno, tempo dopo, Marco doveva lavorare al Circolo dei Canottieri, sull’Arno. Giuseppe andò a trovarlo. Immaginava di vederlo alle prese con un impianto elettrico, o mentre avvitava lampadine in bilico sull’acqua. Situazione eccitante per chiunque. Invece quando arrivò lampadine non ce n’erano e ci mise un po’ a capire cosa stava succedendo. Marco si sbracciava e saltava apparentem­ente senza costrutto. Danzava. Un altro danzatore, sull’altra sponda del fiume, rispondeva ai suoi gesti. E in questo

modo facevano tutto un discorso ricco di sfumature, a saperlo intendere. Infatti stavano utilizzand­o un codice inventato dai Kinkaleri, ardito manipolo di danzatori di cui Marco faceva o aveva fatto parte. Questo codice traduce le lettere con grandi gesti. Giuseppe lo prendeva in giro ammirato. Ebbe una folgorazio­ne: si erano già visti, anni prima. Infatti c’era stato un Art Speed Date. Di solito lo speed date è un evento che favorisce l’unione sessuale. In questo caso invece favoriva il dialogo artistico. Anche se, naturalmen­te, una cosa non esclude l’altra. L’artista, per esempio Marco, stava a un tavolino e un operatore culturale, per esempio Giuseppe, si sedeva e faceva domande per un preciso lasso di tempo, poi lasciava il posto a un altro. Giuseppe però era l’unico che non si era seduto al tavolo di Marco, trovandolo, così da lontano, rumoroso e fastidioso. Ora che lo conosceva meglio non lo trovava affatto fastidioso, anzi. Però si dissero: «Andiamoci cauti». Invece andarono a Berlino, per tre mesi. Senza grandi discorsi, ma con un’intesa crescente. La nipotina di Giuseppe disegnò un albero genealogic­o (anzi genialogic­o) che unisce anche Giuseppe e Marco. Nel disegno, si vede che i genitori della nipotina hanno generato lei, invece Giuseppe e Marco hanno generato un mappamondo, perché viaggiano molto. «Lì abbiamo veramente capito di essere una coppia. L’altra cosa romantica è che abbiamo cominciato subito a litigare».

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Insieme Marco e Giuseppe

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