Noi e le piazze degli altri
La mostra In Manifattura Tabacchi da domani 40 esempi di sperimentazione urbana da 4 continenti L’architetto e curatore Ammendola: «Firenze prenda esempio da Copenaghen, Tirana e Parigi»
Il ventesimo secolo pensava «che bastassero due panchine a fare una piazza, il resto era al servizio del traffico veicolare. In fondo, cosa ci vuoi fare in una piazza? — si chiede Jacopo Ammendola, architetto fiorentino del collettivo Orizzontale — Passi, ti siedi, riparti...». Poi è arrivato il ventunesimo e ha ribaltato le prospettive: «La nuova esigenza è toglierle, le macchine. E trasformare quel vuoto di spazio che chiamiamo piazza in un luogo pieno di attività: sportive, ludiche, ricreative, sociali». Poi, per rincarare la dose, è arrivato pure il Covid. Che ha ridisegnato il concetto di distanze, di socialità, di spazio di incontro. Anche in chiave pubblica. «La piazza ha avuto la necessità di cambiare ancora».
È in questa ottica che in una delle piazze più rappresentative di quella città nella città che è la Manifattura Tabacchi,
domani alle 18 si inaugura la mostra Piazze, fenomenologie dell’inatteso nell’ambito della quinta edizione del festival di rigenerazione urbana Many Possible Cities. Quaranta esempi di piazze nate nel nuovo millennio, di 4 continenti, «luoghi emblematici dell’alterità, dell’incontro e del confronto pubblico, ma anche della domesticità, della comunità, del raccoglimento» racconta Ammendola che è uno dei curatori. «Da quelle più tradizionali, a quelle sperimentali, “tattiche” o temporanee», per descrivere un ventaglio di approcci, stili, logiche e strategie: «Ne è venuto fuori un atlante, un viaggio nelle piazze di oggi, che culleranno le società di domani, privilegiando l’eterogeneità delle esperienze». Due di queste sono pratesi: piazza dell’Immaginario e il playground del Macrolotto Zero. Con il progetto Vuoto studiano questi cambiamenti dal 2010, e la mostra è «una selezione di quell’esplosione di ricerche che gli architetti negli ultimi anni in tutto il mondo hanno condotto sul tema dello spazio urbano da riqualificare e recuperare: scopriamo che la piazza non è un concetto scontato, e che in tutto il mondo si continua a sperimentare».
La mostra ha uno sguardo internazionale, ma i suoi creatori sono fiorentini. E sanno che basta guardare per scoprire che da qualche parte del mondo c’è una nuova piazza che possiamo prendere a modello per portare nella contemporaneità ognuna di quelle che compongono il profilo della nostra città. «Ci vuole solo un grande sforzo di immaginazione» sorride Ammendola. Per esempio, nonostante sia recente, «largo Annigoni è uno spazio brullo, un’isola di calore che non corrisponde alle esigenze di contenimento degli effetti del cambiamento climatico oltre a non rispondere a un’esigenza estetica». Come cambiarla, anche «integrando il mercato dei Ciompi»? Il modello è Israel Plads di Copenaghen. «Anche quel progetto si attua sopra un parcheggio sotterraneo e riesce ad articolare una serie di funzioni tra relax, sport, e attraversamento in uno spazio contenuto in modo molto efficace, al tempo stesso misurandosi con una dimensione storica di valore e qualità architettonica e paesaggistica».
Piazza Ferrucci è «paradigmatica di come Firenze possegga spazi urbani di valore,
con edifici notevoli, lungo l’Arno, a due passi dal centro, ma quasi del tutto occupati dal traffico». Come riconvertirla? «Un altro ex mega incrocio che è stato riqualificato togliendo spazio alle auto è Place de la Republique a Parigi, «che è stata riprogettata liberando spazio per l’uso pubblico, articolato come piazzagiardino, connettendolo direttamente agli edifici».
Terzo esempio: piazza Dallapiccola, che «ha un problema di immagine: in un quartiere dove c’è molto bisogno di spazi pubblici di prossimità, non ha una visione, né prospettiva, è angosciante. L’Activity Zone a Chorzow in Polonia all’opposto ha una riconoscibilità altissima, è molto “disegnata”, e come piazza Dallapiccola nasce per contenere un parcheggio sotterraneo e quindi non può ospitare molti alberi».
Quarto: piazza Puccini. Che ha problemi simili a piazza Ferrucci. «Ha più traffico di quello di cui ha bisogno». In questo caso Ammendola individua il contraltare nella Skanderberg Square di Tirana: uno svincolo «sul quale si affacciano edifici rilevanti come il Teatro Puccini da noi» che è stato «ridisegnato e trasformato per ospitare attività collettive ed eventi pubblici: a una zona centrale libera si affiancano ai margini degli ibridi piazza-giardino, e benché i veicoli continuino a transitare, lo fanno in spazi molto limitati o a velocità ridotte».
Il secolo scorso «Prima credevano che bastassero due panchine, poi tutto al servizio del traffico» Il nuovo millennio «Ora si lavora a togliere le auto ovunque per puntare sulle funzioni sportive e ricreative»