L’astuzia di Gino, le discese di Nencini: l’epopea toscana nella Grand Boucle
Gastone vinse nel ‘60 dopo che Ginettaccio aveva trionfato due volte
Il Giro di Francia, ma chiamiamolo semplicemente il Tour, avrà l’onore, direbbe un fiorentino molto innamorato della sua città e del ciclismo, di partire nel 2024 da Firenze. Sono onori che si abbracciano con gli oneri perché, com’è ormai noto, sotto alla scelta del percorso e ovviamente del luogo di partenza, si «nasconde» una spesa che viene sormontata dalla risonanza e dalla pubblicità dell’avvenimento, oltre che dal prestigio che vien sparso nel mondo dal Tour . L’Italia, per la precisione la Toscana e le altre regioni attraversate dalla corsa nelle prime cinque tappe, saranno il teatro del Tour, con la televisione in prima linea. Il Giro di Francia, per quei pochi che forse non lo sanno, è un avvenimento di risonanza mondiale e ospitare la corsa e il suo seguito, composto da carovane pubblicitarie, da televisioni e da giornalisti in numero assai robusto, è il frutto che viene sparso lungo il percorso.
Al Tour sono legati i nomi dei nostri campioni, degli italiani che hanno vinto la «Grande Boucle», ovvero il Grande Ricciolo, come amano chiamarlo i francesi prendendo un lontano spunto, che risale ai primi anni della corsa nata nel 1903, dal percorso che dicono somigli molto a un ricciolo disegnato sulla carta geografica. Il primo dei nostri vincitori fu Ottavio Bottecchia
nel 1924, quando i chilometri da percorrere, o meglio da correre, erano 5.427 cosparsi in 15 tappe. Bottecchia, chiamato con semplicità il «muratore del Friuli», era nato in provincia di Treviso, aveva combattuto nella prima guerra mondiale e soltanto a 28 anni, grazie alle insistenze di un amico, si era dedicato al ciclismo, vincendo il Tour nel 1924 e nel 1925.
La morte lo rapì presto, avvolgendolo nel mistero, dopo dodici giorni di agonia: una caduta per un colpo di sole mentre si allenava oppure le percosse di un contadino che lo aveva sorpreso mentre mangiava l’uva del suo campo?
Passarono gli anni finché nel 1938 spuntò Bartali che vinse nonostante l’astuta interferenza di Goddet , direttore del Tour, che avvicinò Bartali in fuga solitaria cercando di distrarlo. Bartali, come voleva il suo carattere, conversò molto con il patron del Tour rispondendo alle domande, ma Goddet ottenne l’effetto contrario perché Gino, chiacchierando amichevolmente, aumentò il suo vantaggio e conquistò sia la corsa sia Goddet. L’anno seguente, nel 1939, primo Coppi e secondo Bartali. Coppi Angelo Fausto, per essere precisi, aveva debuttato nella Legnano di capitan Bartali nel 1940, vincendo il suo primo Giro d’Italia. Fausto, ovvero Fostò come lo chiamavano i francesi che quasi lo adoravano, era il tipo di campione ammirevole, per come stava in bicicletta, per le imprese solitarie, per le vittorie solitarie. «Vince sempre lui» disse un giorno lo svizzero Kubler, tra l’ammirazione e la sofferenza.
Altri italiani tra i vincitori, prima che il cannibale Eddy Merckx divorasse tutte le vittorie, comprese quattro consecutive al Tour, più un’altra a breve intervallo, furono Gastone Nencini, toscano coraggioso e grande discesista (1960), Gimondi, silenzioso e forte, Pantani arrampicatore amato e infine, per restare tra gli italiani, Vincenzo Nibali, chissà perché chiamato «Lo Squalo». Firenze aspetta il 2024 per dare via libera al Tour. Alè la France e Alè Florence.
Mondovisione
In tutto sono 7 i corridori italiani arrivati in maglia gialla fino a Parigi Il Giro di Francia porterà prestigio e risonanza mondiale alla città