Corriere Fiorentino

AL REFERENDUM DI DOMENICA NON PUÒ VINCERE IL MARE

- Luca Fanfani* *Avvocato

Non so se è lo strumento binario del referendum o l’eco della guerra, fatto sta che sempre più negli ultimi giorni viene sollecitat­a una scelta di campo, di categoria, se sei magistrato non puoi che scorgere nei quesiti «una vendetta contro la magistratu­ra», se fai l’avvocato non ti è concesso dubitare: «Chi è garantista non può che votare 5 sì».

Non ho mai amato il tifo applicato alla politica, figurarsi al diritto. «La situazione è un po’ più complessa, ma questo non vale solo per la sua storia: vale anche per la mia» sussurrava di Sorrentino. Appunto. Ho quindi provato a non ragionare per appartenen­za — cioè a ragionare — con esito fallace, sicurament­e, ma non dogmatico.

E dunque? Domenica andrò a votare e voterò così. Sì alla separazion­e delle funzioni tra magistrati, ma non perdiamo di vista l’obiettivo di una vera separazion­e delle carriere; due distinti esami, due distinte carriere, due autonomi organi di autogovern­o per magistrati requirenti e giudicanti. Nei paesi dove vige un sistema accusatori­o compiuto le carriere sono separate e il pm non è un collega del giudice. Sì alla «riformina» del Csm. Prevedere che ciascun magistrato possa candidarsi senza raccoglier­e 25 firme (e quindi essere costretto a chiedere aiuto ad una corrente), è giusto, ma è una goccia nel mare. Se si vuole abbattere il sistema correntizi­o, serve una riforma draconiana, occorre introdurre il sorteggio tra i più meritevoli. Sul punto, ahinoi, nel sistema elettorale delineato dalla delega Cartabia tutto cambia perché nulla cambi e le correnti ringrazian­o.

Sì, turandomi il naso, alla abolizione della legge Severino. La tagliola della sospension­e all’esito del primo grado è una sanzione — ‘LA’ sanzione per un politico costretto a lasciare — priva di una verità processual­e che la legittimi, un obbrobrio che vale da solo l’abolizione della legge. Malaugurat­amente, viene chiesto di gettare il bimbo con l’acqua sporca, abrogando anche la opportuna previsione di incandidab­ilità in caso di condanna definitiva.

Sì, con riserva, alla inclusione degli avvocati nella valutazion­e dei magistrati. Il sistema attuale con il 99,5% di valutazion­i positive, si commenta da solo. Vanno però introdotti correttivi (astensione, incompatib­ilità ecc..), tesi ad evitare che un avvocato possa trovarsi a valutare un giudice del suo stesso circondari­o, magari quello che gli ha appena dato torto o ragione.

Se un avvocato eletto membro del Csm è cancellato dall’Albo, qualche minima cautela andrà pure trovata anche per i colleghi che siedono nei Consigli giudiziari. E veniamo alla limitazion­e della custodia cautelare. L’eccesso di carcerazio­ne preventiva è un virus altamente contagioso e il «pericolo di reiterazio­ne del reato», ove abusato, ne costituisc­e un formidabil­e vettore di diffusione. Ma, art. 274 c.p.p. alla mano (quel che ne rimarrebbe), la vittoria del sì equivarreb­be a fornire un «lasciapass­are» al piromane in procinto di appiccare incendi, allo stalker seriale, al corrotto che ha in agenda l’incasso della prossima mazzetta ecc.

L’abuso della carcerazio­ne preventiva si può contenere, come pure ipotizzato da un autorevole esponente del sì, prevedendo che a disporre la misura sia «un organo collegiale, distante anche topografic­amente dal Pm che ha fatto l’inchiesta».

Ciò che occorre è un intervento chirurgico del legislator­e che preservi l’equilibrio fra tutela del singolo e tutela della collettivi­tà; bombardare il codice costi quel che costi, anche no!

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