La resilienza che serve (per viaggiare)
Caro direttore, lo chiamiamo Pnrr (piano nazionale di ripresa e resilienza), mentre in tutta Europa si chiama Next Generation forse con una visione più lunga della nostra. Resilienza dovrebbe diventare un mantra per la classe politica e dirigente del paese, però capita come in questi giorni che un problema ferroviario divida un paese: ritardi ingiustificabili agli occhi di lavoratori e turisti. Quello che in qualunque paese sarebbe già stato sistemato a giorni di distanza continua a creare problemi di mobilità. Alla mancanza di resilienza nella risistemazione si somma altra mancanza di resilienza: dopo aver già scontato un’ora di ritardo in andata (Firenze-Bologna, 38 minuti di percorrenza) stasera ho chiesto al vettore Italo di anticiparmi l’orario di rientro con un treno in orario, poiché il mio aveva già 55 minuti di ritardo. Le disposizioni aziendali però non prevedono cambi gratuiti se il ritardo è inferiore a 60 minuti. Forse sarebbe il caso di modificare queste regole quantificando la percentuale di ritardo rispetto al tempo di percorrenza, ma morale della favola ho dovuto pagare di tasca mia per rientrare all’orario preventivato. Forse sfugge ma le persone hanno famiglie e orari da rispettare. Da geologo quale sono so che l’adattamento è una legge base dell’evoluzione che inevitabilmente darà i suoi effetti. Spiace constatare che in questo paese, nonostante le parole ripetute e sbandierate, con questa classe dirigente non andremo da nessuna parte. Ah, già rientrato a Firenze il treno che avrei dovuto prendere (ancora a Modena) ha 65 minuti di ritardo.
Gianfranco Vannucci