Sarzana, i documenti di Camilla ritrovati in casa dell’accusato
Duplice omicidio, per il gip «gravi indizi» a carico di Bedini: disposto il carcere
«Gravi indizi di colpevolezza» a carico di Daniele Bedini per gli omicidi della prostituta Nevila Pjetri e della transessuale Camilla, all’anagrafe Carlo Bertolotti. Non ha dubbi il gip Fabrizio Garofalo, che pur non convalidando il fermo ha disposto la misura in carcere per il falegname di 32 anni per il solo assassinio della donna albanese, trovata morta nel torrente Parmignola il 5 giugno. È pericoloso secondo il gip: «I suoi precedenti in materia di stupefacenti, resistenza a pubblico ufficiale, rapina e la sua attuale condotta denotano un assoluto disprezzo per la vita e l’incolumità fisica altrui».
Bedini anche di fronte al gip si è proclamato innocente, ma con una dichiarazione spontanea, senza rispondere al giudice. E così facendo «non ha fornito — scrive il gip — una spiegazione alternativa ai numerosi e rilevanti indizi a suo carico e non ha scalfito la gravità del quadro indiziario». Quali sono i pesanti indizi? Innanzitutto, una telecamera, installata sul gazebo di uno stabilimento balneare sul lungomare di Marinella di Sarzana, ha ripreso quella notte per due volte il passaggio del Fiorino bianco riconducibile al giovane. Il primo video immortala il furgone con due persone a bordo e avrebbe registrato, alle 0.47, le grida e i colpi di arma da fuoco. Il secondo evidenzia, alle 0.52, il Fiorino bianco con il solo conducente. «Quel vecchio furgone — scrive il gip — è l’unico veicolo che va sul luogo del delitto nell’ora in cui veniva commesso».
Quella notte un testimone nota quel furgone che viaggia ad alta velocità, al semaforo rosso frena bruscamente e poi fa retromarcia: il conducente esce, controlla il cassone «facendo un gesto come per coprire qualcosa». Poi risale nel veicolo e riparte sgommando. «Non fu una mera coincidenza» per il giudice. Un’altra telecamera riprende Bedini alle 6 di domenica mattina: è quella della falegnameria di Carrara di proprietà della famiglia. In quelle immagini, si vede il giovane che scavalca una terrazza per entrare in casa: indossa solo una maglietta ed è molto agitato. Uscirà mezz’ora dopo con una tanica che contiene liquido rosso. Ancora. Il 4 giugno, sparisce una Beretta calibro 22 dalla cassaforte di casa Bedini: è l’arma con cui è stata uccisa la donna albanese. Due giorni dopo, il padre di Bedini, preoccupato, denuncia il furto. Gli investigatori scoprono segni di effrazione sulla cassaforte ma non sulla porta. Non solo. Le telecamere svelano che quel sabato pomeriggio, nessuno è entrato nell’abitazione, dove tra l’altro Daniele Bedini si era fermato tra le 19.20 e le 21.30. A rafforzare gli indizi è il ritrovamento nella casa dell’indagato dei documenti del transessuale, insieme ad effetti personali della vittima. «Gli indizi sono tanti e troppo rilevanti per ritenere l’indagato — dice il gip — vittima di coincidenze».
Il giudice Gli indizi sono tanti e troppo rilevanti per ritenere l’indagato vittima di coincidenze