«La mia tesi per Luana, simbolo di una strage»
La cugina Ilaria, la laurea sulle morti bianche a Cosenza e l’omaggio della zia Emma
«È stato un viaggio lungo e necessario». Il momento più commovente? «Quando la zia mi ha messo la corona d’alloro in testa». Ilaria Colombraro, 32 anni, ha appena conseguito la laurea magistrale in Economia aziendale e management all’Università della Calabria con una tesi sulla sicurezza sul lavoro elaborata a partire dalla tragica morte di sua cugina Luana D’Orazio. È stata proprio la zia Emma — la madre della ventiduenne trascinata dall’orditoio a cui lavorava il 3 maggio 2021 a Montemurlo — a rendere omaggio per prima alla nipote all’uscita dalla discussione.
«Io e Luana ci volevamo molto bene. È divenuta un simbolo e non potevo non considerarlo. Parliamoci chiaro — spiega la dottoressa Colombraro — oramai è diventata una strage: dalla tesi emerge una situazione critica, anche peggio del passato. La storia di Luana ha toccato tutto il Paese ed è giusto che anche a livello accademico si diffonda una cultura della sicurezza». Quando è avvenuta la tragedia Ilaria si trovava proprio all’università, a Cosenza: «Mi chiamò mio fratello, ero incredula. Sono scesa subito a Strongoli Marina (Crotone), il paese di origine di tutta la famiglia, compresa zia Emma». L’indomani sono tutti partiti per Pistoia, dove Luana D’Orazio abitava. Alla guida della macchina c’era proprio Ilaria. Che spiega il rapporto con la cugina: «Ci sentivamo quasi tutti i giorni, prendevo spesso il pullman, il treno, l’aereo e venivo a trovarla. Sono un po’ introversa ma ci volevamo bene, sono stata anche la madrina della sua cresima».
Il lavoro di ricerca conclusivo del suo percorso universitario — con cui ha conseguito la votazione di 104 — è intitolato «Sicurezza sul lavoro, infortuni e morti bianche: il caso di Luana D’Orazio». In copertina c’è proprio la ventiduenne sorridente, che in uno scatto di qualche anno fa esprime tutta la sua gioia di vivere. «L’anno scorso — continua a raccontare Ilaria — quando mi mancavano pochi esami, avevo dato indicazione su un titolo provvisorio incentrato sul captale umano e i giovani. Dopo la tragedia ho virato subito su questo caso, aiutata e sostenuta dal professor Pietro Iaquinta che ha creduto in questo tema e in me».
Infine l’appello: «Azzerare le morti sul lavoro è impossibile, ma diminuirle è un dovere. Troppi pochi controlli e poca deterrenza aiutano questo sistema malato. Se nessuno si fa sentire le cose non cambiano. E io lo faccio con tutti i mezzi che ho».