La bellezza ritrovata (e 20 mila ore di lavoro) dell’arazzo del Bargello
Dopo 7 anni il ritorno della Battaglia di Roncisvalle
Sette anni a pulire centimetro per centimetro il tessuto, a reinserire orditi e trame, a ricucire: dopo oltre 20 mila ore di lavoro da parte di 25 persone all’Opificio delle Pietre Dure, il grande arazzo quattrocentesco raffigurante la Battaglia di Roncisvalle conservato al Bargello è stato restaurato ed è tornato a raccontare, attraverso l’intreccio di cavalli e cavalieri, la fase iniziale dello scontro tra cristiani e saraceni narrato nel poema epico la Chanson de Roland.
L’opera esposta nella Sala dell’Armeria è un enorme frammento (4 metri per 5) di un arazzo verosimilmente lungo più di 10 metri, con «Storie di Carlo Magno e di Orlando» tessuto nel XV secolo da una manifattura dell’area francofiamminga, proveniente dalla collezione Carrand (gli altri nove frammenti sono in diversi musei e collezioni private).
Realizzato prevalentemente in lana e seta (usata per evidenziare i punti luce dei volti, delle armature e dei cavalli) il panno, al momento in cui sono iniziati i lavori, nel 2013, si trovava in un pessimo stato: sporco intenso, tagli, lacerazioni e lacune della struttura tessile, «colmate» con una tela rigida dipinta in corrispondenza dei «buchi» di tessuto. I restauratori del Settore arazzi e tappeti dell’Opificio hanno prima rimosso il supporto e i rammendi, pulito l’opera attraverso una capillare macroaspirazione dello sporco, che imbruniva i toni e rendeva le fibre secche, cucito il tessuto su un supporto di rete e poi eseguito una pulitura per immersione acquosa per ridare idratazione e vivacità cromatica. Poi è arrivata la fase del consolidamento: sono state reinseriti gli orditi e le trame, dove mancanti, e delle aree perimetrali, più degradate, le trame sono state auto-consolidate ed è stata applicata una grande cimosa-supporto, tessuta manualmente a telaio. «Il restauro dei manufatti tessili è tra i più delicati e questo impegnativo restauro conferma l’eccellenza che l’Opificio mantiene anche in questo settore», afferma Paola D’Agostino, direttore dei Musei del
Bargello. «L’Opificioprosegue nella sua storica collaborazione con il Museo del Bargello ed i suoi capolavori, anche in un settore di restauro come quello degli arazzi così poco praticato in Italia — dice Marco Ciatti, soprintendente dell’Opificio — ricordando i tre elementi che caratterizzano il lavoro dell’Opificio: capacità operativa, ricerca e formazione.
Ivana Zuliani