Un logo e una musica che sullo zaino al liceo ti trasformavano in un duro
Il fascino di Master Of Puppets e quella folgore che ha lasciato un segno
Quando arrivai al liceo, la prima insidia da cui guardarsi erano le «matricole», ovvero le battute di caccia di quelli di quinta a danno dei primini: arrivavano prima dell’inizio delle lezioni, ne catturavano un paio e li sottoponevano a trucidi scherzi. Dato che non avevamo l’autonomia finanziaria atta ad acquistare abiti meno bambineschi (tra i primi fattori di rischio), occorreva trovare altre soluzioni atte a raggiungere una qualche emancipazione.
Un modo abbastanza logico, o almeno così suggerivano gli zaini Invicta dei nostri carnefici, poteva essere quello di apporre, in lettering corretto, il logo di un gruppo sufficientemente cattivo. In effetti, il grosso degli zaini si dividevano in due fazioni: quelli col logo degli Iron Maiden e quelli col logo dei Metallica. Difficile credere che tutti fossero appassionati di heavy metal: doveva entrarci anche la figosità intrinseca di quei caratteri così puntuti.
Io stesso, in effetti, mi premurai di trascrivere la scritta IRON MAIDEN sulla tasca frontale, benché il mio gruppo preferito ai tempi fossero i Queen, seguiti dai R.E.M.. Faceva, in effetti, una bella impressione, così per non farmi mancar nulla aggiunsi anche il logo dei METALLICA sulla tasca in basso.
Difficile dire se furono quelle scritte a proteggermi dagli scherzi: certo è che il mio rigore filologico mi imponeva di sentire anche che musica facesse ’sta gente. Un tizio di terza che conoscevo per la frequentazione della medesima sala giochi mi fornì le cassette di The number of the beast degli Iron Maiden e di Master Of Puppets dei Metallica.
Pur continuando a preferire i Queen, dovetti ammettere che si lasciavano ascoltare. Gli Iron Maiden mi risultavano più familiari, vuoi per le sonorità inequivocabilmente inglesi, vuoi per una violenza in fin dei conti rassicurante, perché aurata di gotico: avevo confidenza col fantasy in letteratura, e quei suoni dialogavano con ciò che già conoscevo. Diverso, molto diverso il discorso Metallica: per quanto nella teenage wasteland della provincia venissero associati ai primi, era chiaro che si trattava di qualcosa di tutt’altro mondo. Per cominciare, erano più veloci, anzi forsennati, e la loro violenza aveva un che di nichilista del tutto assente nei colleghi inglesi. Era una violenza brutale, ma al tempo stesso più adolescenziale: era, insomma, una violenza tutta americana.
Tanto indietro era la provincia rispetto a ciò che dettava legge nel mondo, che non conoscevamo ancora il punk hardcore, e quindi non potevo sapere che il thrash metal dei Metallica veniva proprio dalla contaminazione tra heavy metal classico e hardcore USA… Incuriosito, mi procurai — anzi: comprai, per la precisione al leggendario Mondo Disco di Viareggio — anche
Ride The Lightning. Era ancora meglio di Master Of Puppets, che in fin dei conti era un po’ troppo «grosso» per quel piglio che si giovava anzitutto di semplicità e immediatezza; inoltre, in un caso esemplare di sovrapposizione tra forma e contenuto, i loro suoni limpidi e laceranti, montati in vere e proprie galoppate di chitarra, facevano sì che in quel disco si cavalcassero a ogni effetto i fulmini.
Mi ritrovai a essere inaspettatamente avanti quando esplose il Black Album (era uscito lo stesso anno, ma in provincia tutto andava più lentamente, compresa la diffusione delle cassette pirata), e pezzi come
Nothing Else Matters, Enter Sandman o The Unforgiven finirono nelle cuffie di tutti. Erano già dei Metallica diversi — «Più commerciali», dicevano quelli di quinta con espressione da critici consumati —, e se li vedevo conquistare definitivamente le tasche degli zaini Invicta a danno degli Iron Maiden, il mio interesse si spostava sul tardo hardcore della Epitaph. Pure, quel fulmine aveva lasciato un segno profondo, come le figure di Lichtenberg che restano sui corpi di chi è stato colpito da una vera folgore, e sarebbe rimasto con me. Ma i tempi cambiano, e invece di apparir più grandi, l’esigenza sopravvenuta è diventata quella di restare, per quanto possibile, giovani: e così, Ride The Lightning, ormai in versione mp3, viene selezionato nel telefono e sparato nelle cuffie (che nel frattempo hanno perso i fili) quando si va a correre.