«Il biliardino come una slot machine? Ma che bischerata...»
Tra i gestori degli stabilimenti e dei circoli dopo l’entrata in vigore del decreto che equipara calcino e ping pong a videopoker e slot
Il biliardino come un gioco d’azzardo. È l’effetto del decreto dell’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli che costringe i gestori di circoli o stabilimenti baleari a pagare una tassa, oppure rinunciare a uno dei giochi più popolari che ci siano: «Gioco d’azzardo? Che bischerata...», dicono gli intervistati.
«Con tutti i problemi a cui dobbiamo pensare, ci mancava solo la multa per il biliardino...». Già logorati dalla prospettiva di veder finire all’asta le concessioni balneari dal 2024 (a meno di una proroga), i titolari dei bagni della Passeggiata di Viareggio reagiscono con un misto di sconforto e incredulità al decreto dell’Agenzia delle Accise, delle Dogane e dei Monopoli, in vigore da qualche settimana, che di fatto equipara biliardino, ping pong e flipper installati in locali pubblici ai giochi d’azzardo, alle slot machine e ai videopoker.
Occorrerà dunque versare l’imposta sugli intrattenimenti (l’8% sull’imponibile medio forfettario, per ogni singolo apparecchio) ed essere provvisti di un certificato identificativo e di un «nulla osta di messa in esercizio» per non incorrere in multe fino a 4mila euro. «Quando l’ho letto, sono caduto dalle nuvole: non mi sembrava vero», commenta con un sorriso sarcastico Luca Lippi, titolare del Bagno Sole e presidente dei balneari di Viareggio, serissimo invece nell’annunciare che «come associazione daremo mandato al nostro legale di approfondire».
Di controlli, però, da queste parti (al contrario della costa livornese e pisana) nessuno ne ha ricevuti. Almeno per ora. «Forse toglierò il biliardino», ipotizza Lippi. Gli altri, invece, seppur colti alla sprovvista, lo lasceranno al suo posto. Il decreto, comunque, stabilisce che le incombenze burocratiche spettano al gestore dell’apparecchio. «Per i bambini è un modo per stare insieme e divertirsi: paragonarlo al gioco d’azzardo mi sembra una bischerata», afferma Paola Mannozzi del
Bagno Annita. Parole e tono di voce cambiano da uno stabilimento all’altro, ma il coro di dissenso è unanime. E c’è chi ricorre all’ironia. «È più pericoloso il burraco, perché lì ci si gioca una spuma o un caffè...», dice una signora.
A Firenze — quando informiamo il barista del chiosco «Il Tempio», sui lungarni — la sua espressione è da «Ma cché se’ grullo?». Serve mostrare sullo smartphone l’articolo, colo del Corriere della Sera, per fargli capire che non è su Scherzi a parte. «Non ne sapevamo niente — dice, dietro al banco, Vincenzo Lenzone — a noi il calciobalilla ce lo ha portato la Sammontana come sponsor. È gratis, non c’è nemmeno da azionarlo col gettone. Chiediamo il documento solo per la pallina».
Il biliardino qua va ancora molto: «Soprattutto babbi e mamme ci giocano con i figli piccoli. Che ci sia il rischio che qualcuno ci punti d’azzardo, stile videopoker, mi pare assurdo. Esistono pure le scommesse sui galli, ma mica si chiudono i pollai».
Situazione considerata quasi comica anche al circolo Arci «Il Progresso» di via Vittorio Emanuele II: «Il pingpong un gioco d’azzardo? — ride il presidente Fabrizio Poli — ma se è uno sport che si fa anche alle olimpiadi?». Al cirper la verità, di racchette e tennis tavolo neanche l’ombra. Resiste però un calcino professionale della Uisp, usato anni fa dalla squadra del circolo: «Ma ormai — spiega Poli — i ragazzi di oggi non ci giocano più. Tant’è che al momento lo usiamo come pianale per la scuola di fumetti che organizziamo per i bambini. L’Arci dal primo giugno ha fatto circolare una comunicazione sul via libera al biliardino dopo il Covid, ma il nostro problema è che mancano proprio i giocatori». Niente «rollate» e «sponde» ai circoli Andreoni di Coverciano e Via Nuove di Gavinana: «Non li teniamo più», dicono i gestori.
A Settignano, invece, c’è ancora, ma si cade sempre dalle nuvole sul decreto: «In ogni caso — dice la barista Sofia Halicioglou — qui non si paga né per il calcioballilla né per il ping pong. C’è solo da dare una cauzione di cinque euro per le racchette. Di soldi non ne girano per l’affitto, figuriamoci per le scommesse». Una signora aggiunge: «Qui le ultime puntate c’erano vent’anni fa con gli anziani a briscola: 50 centesimi a partita. Non abbiamo nemmeno più il flipper da inizio 2000». E sul tema interviene anche l’eroparlamentare della Lega Susanna Ceccardi. «Ci voleva — attacca — la peggior combinazione di burocrazia, ossessione per le tasse e pazzia per arrivare a colpire tavoli da ping pong, biliardini e flipper».
I balneari Daremo mandato ai nostri legali di approfondire la questione