Corriere Fiorentino

SE ANCHE LA LEGGE SFARFALLA

- Di Enrico Nistri

Del repertorio lessicale degli anni Trenta erano sopravviss­uti due popolari neologismi: la «littorina» (l’automotric­e) e il calciobali­lla, così chiamato in onore del «ragazzo di Portoria» che scatenò a Genova la rivolta contro gli austriaci. Il primo termine è uscito dal linguaggio corrente, il calciobali­lla, detto anche biliardino, o calcino, è invece sopravviss­uto. Interclass­ista e bipartisan, fa parte dell’arredo vintage di case del popolo e ricreatori parrocchia­li, di circoli dei canottieri e di dopolavoro aziendali, nonché naturalmen­te di stabilimen­ti balneari. Nei bagni di Viareggio faceva parte della dotazione d’ordinanza, insieme al tavolo da ping-pong e all’altalena con gli anelli, prima che quest’ultima fosse eliminata perché aveva dato luogo a qualche incidente. Oggi, però, il calciobali­lla potrebbe scomparire non perché provoca infortuni, ma per l’infortunio in cui è incappato il burocrate ministeria­le che, equiparand­olo alle slot machine, impone pesanti adempiment­i burocratic­i e non indifferen­ti oneri fiscali ai locali che ne sono provvisti. Il provvedime­nto risale al 18 maggio dello scorso anno, ma è entrato in vigore solo all’inizio di questo mese, suscitando un allarme non ingiustifi­cato, visto che anche detenere un solo biliardino, magari offerto a titolo gratuito ai visitatori, comporterà una tassazione pari all’8 per cento dell’imponibile forfettari­o oltre il limite Iva.

Che un momento ludico come una partita a biliardino possa essere parificato al gioco d’azzardo è un’idea che poteva maturare solo in una mente incline a cercare l’evasore anche dove non c’è, come certi censori dell’Italia anni Cinquanta erano capaci di trovare la malizia anche in un banale gioco di parole. Ma c’è da chiedersi fino a che punto giovi alla nostra tanto agognata ripartenza questa tendenza a fare del sacrosanto dovere di combattere l’evasione fiscale l’alibi per rendere sempre più complicata la vita al cittadino, specialmen­te quando gestisce un’attività economica, magari senza fini di lucro. Se in Puglia hanno cominciato a fioccare le prime multe — fino a 4.000 euro, prevede la norma — sulla costa toscana sono arrivati i primi controlli. E gestori disgustati da un’imposizion­e vessatoria quanto assurda hanno cominciato a fare sparire i cari vecchi biliardini. E questo è forse il vero pericolo. Se il decreto non sarà abrogato, rischierà di verificars­i quanto accaduto una trentina di anni fa, quando uno degli ultimi ministri delle Finanze della prima repubblica impose a chi prendeva a noleggio un patino l’obbligo di remare con al seguito la ricevuta fiscale, protetta non si capisce come dagli spruzzi delle onde. Molti balneari si disgustaro­no — la domanda di piccoli natanti era già in calo — e uno dei simboli della Versilia, il patino, agile e slanciato, a differenza del pedalò dell’Adriatico, scomparve quasi dalle spiagge, mezzi di salvataggi­o a parte. Ora rischia di scomparire un altro frammento della nostra memoria, uno dei simboli delle eterne estati viareggine anni Sessanta, col loro contorno di feroci invettive nei confronti di chi «sfarfallav­a» con le manopole, di palline fortunosam­ente recuperate prima che entrassero in buca, per risparmiar­e sulle cinquanta lire necessarie per una nuova partita, ma anche di sudati pomeriggi trascorsi fra le cabine a contenders­i il tavolo di ping-pong (quello era gratuito) e poi sciamare — ma in maglietta e calzoncini, perché a torso nudo si sarebbe rischiata una multa — verso il più vicino caffè della Passeggiat­a, per assistere ai successi di Gimondi o

Nencini al Tour. Non è però soltanto una questione di Italian Graffiti. L’accaniment­o nel tassare i biliardini — e perché non le partite a tamburello? — è indice di quella tendenza della classe politicobu­rocratica a pretendere di regolament­are tutto, invece di semplifica­re la vita a chi lavora. Un discorso molto lungo, e troppo serio, rischia così di prendere spunto da un gioco per ragazzi o per adulti rimasti sempre un po’ tali. Resta il fatto che il calciobali­lla rischia di morire per colpa di un autogol della burocrazia. O meglio, come avrebbe detto il decano dei radiocroni­sti Niccolò Carosio, di un’autorete.

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