Vi porto sulla Luna
L’intervento Aspettando la nuova impresa della Nasa l’astrofisica ed educatrice Fatoumata Kébé riflette sull’importanza di includere le donne nelle missioni spaziali. Domani un incontro a Lucca
Tra il 1969 e il 1972 sono dodici gli uomini che hanno calpestato la superficie della Luna nell’ambito delle missioni Apollo, e ben presto dovrebbe essere il turno di una delle prime donne, grazie al programma Artemide. Nella mitologia greca Artemide è la divinità sorella di Apollo, ma tra i due esiste anche un secondo legame: entrambi i loro nomi sono stati scelti dalla Nasa per battezzare le missioni lunari con equipaggio al seguito.
Durante le missioni Apollo la possibilità di includere nel gruppo astronaute donne non si pose nemmeno: si presumeva che solamente gli uomini potessero ricoprire questo ruolo. Il primo astronauta americano, John Glenn, è partito per lo spazio nel 1962; mentre la prima astronauta americana, Sally Ride, nel 1983. In questo lasso di tempo di ben 21 anni sono solo due le donne che hanno viaggiato nel cosmo, entrambe provenienti dall’ex Urss: Valentina Tereshkova e Svetlana Savitskaya. A marzo 2022 solo l’11% dei cosmonauti sono donne, 75 in tutto. Tre provengono dall’Europa: la britannica Helen Sharman, la francese Claudie Haigneré e l’italiana Samantha Cristoforetti. Fortunatamente, grazie al lavoro di comunicazione svolto dalle agenzie spaziali e alla forte condivisione della propria esperienza da parte delle poche donne nello spazio, il numero delle astronaute sta lentamente crescendo. In una società in cui l’immagine occupa un ruolo sempre più preminente, dare visibilità alle donne di scienza ha permesso di renderne la presenza sempre più comune e, soprattutto, legittima.
Eppure, per quanto possa sembrare sconcertante, studi scientifici hanno dimostrato come la presenza delle donne nei campi scientifici non sia ancora considerata completamente «normale». Non solo: sondaggi pubblici hanno evidenziato come la fiducia sia maggiore nel momento in cui è un uomo, e non una donna, a connotarsi come esperto in un determinato settore. In parallelo, è stato dimostrato che intorno ai 6 anni d’età la maggior parte delle ragazze si allontana dalle materie scientifiche, indipendentemente dall’interesse che potrebbero aver mostrato in precedenza.
Questo avviene a causa dei professori, delle famiglie e, più in generale, della società, che hanno attribuito un genere alle carriere nella scienza. In maniera più o meno conscia, le ragazze saranno orientate verso tematiche legate alla protezione o all’aiuto nei confronti del prossimo, e verso attività considerate più prettamente «femminili», di cui non molte avranno a che vedere con la scienza. Fortunatamente, tutti possiamo contribuire a invertire la tendenza: prendendoci il tempo necessario per analizzare la nostra percezione delle donne attive in ambito scientifico e mettendoci al lavoro per decostruire stereotipi e pregiudizi. Il campo delle scienze spaziali e astronomiche è in costante evoluzione e ha bisogno di persone di ogni genere, con origini diverse e in possesso dei background più vari.
La Nasa sta preparando il ritorno degli esseri umani sulla Luna, ed è una splendida occasione per conoscere meglio il nostro unico satellite naturale e approfondire la storia che ha permesso a Neil Armstrong di posarvi i piedi per primo. Una storia che si è svolta nel corso di diversi decenni, che ha coinvolto centinaia di migliaia di persone e miliardi di dollari.
Quando la Luna è stata scelta come nuovo campo di battaglia durante la Guerra Fredda, ne sapevamo ancora molto poco. Ci sono diverse ipotesi sulla sua formazione, ma il fatto di non aver mai avuto tra le mani rocce lunari ne rende controversa la credibilità. La teoria maggiormente accreditata all’interno della comunità scientifica è quella secondo cui la Terra, ancora in formazione, sia stata colpita da un corpo celeste delle dimensioni di Marte, e che i detriti naturali generati dall’impatto si siano aggregati dando origine alla Luna. Questa ipotesi risale al 1984 e presenta tuttora delle zone d’ombra. Situata a una distanza media di 384.400 km dalla Terra, la Luna sarà la nostra prima tappa per l’esplorazione degli altri pianeti del sistema solare. Ci sono molte sfide tecniche da risolvere, ma non solo. Il fattore umano è fondamentale, sia nella selezione degli astronauti che andranno sulla Luna che all’interno della nostra società.
A occhio nudo possiamo osservare migliaia di stelle dalla Terra e, con il passare del tempo, trovare un angolo di cielo privo di inquinamento diventa sempre più difficile. L’inquinamento luminoso, in particolare quello delle particelle, ci impedisce di contemplare la bellezza di un cielo stellato. Resiste la Luna, che è ancora facilmente visibile per la quantità di luce solare che riflette, occupando un posto importantissimo non solo nel nostro cielo, ma anche nelle nostre vite e in quelle di tantissimi animali – basti pensare alle tartarughe, per cui è una sorta di faro che le guida fino all’oceano dopo la nascita.
La luna ha indossato diversi costumi nelle diverse culture e nei diversi momenti della storia umana. Nel mondo in cui viviamo oggi, dove siamo connessi l’un l’altro con una facilità sempre maggiore, dove questioni problematiche come il ruolo delle donne nella scienza hanno la possibilità di risuonare a livello internazionale, le missioni lunari rappresentano la possibilità di impegnarsi in un lavoro comune. Un lavoro che rafforzi i legami tra esseri umani all’interno di una galassia con almeno 100 miliardi di stelle, ma dove — almeno per il momento — non sono state ancora scoperte altre popolazioni.
Fortunatamente il numero delle astronaute sta crescendo, ma la presenza delle donne nei campi scientifici non è ancora considerata completamente normale