TENTATIVI E TOPPE, L’EMERGENZA DEI PRONTO SOCCORSO
Caro direttore, la Regione Toscana sta da tempo cercando di trovare una soluzione all’emergenza dei pronto soccorso. Carenze di personale medico e infermieristico, ormai provato da due anni di pandemia, l’assenza di un filtro verso gli ospedali da parte dei medici di famiglia in profonda crisi organizzativa e ideale, prima ancora che professionale, stanno letteralmente facendo saltare il sistema dell’emergenza nella nostra regione. Non è un problema solo della Toscana ma nel nostro caso è soltanto una delle criticità, forse la più evidente, che sta vivendo il nostro servizio sanitario che da troppo tempo ormai vive nel ricordo di un passato che probabilmente è servito in parte a determinare il presente. Il deficit economico accumulato con la pandemia è un indicatore implacabile della cattiva gestione di questi ultimi anni. Purtroppo, le tante soluzioni organizzative che sono state proposte dalla ricerca scientifica sui modelli da adottare nell’emergenzaurgenza non hanno evidenze ancora forti e non sono sempre trasferibili a tutte le realtà. Anche l’ultima delibera regionale sulla riorganizzazione dei rapporti tra pronto soccorso e area medica, che introduce la presa in carico precoce del paziente e le «admission room» (le astanterie di trent’anni fa?), è solo uno dei tentativi di risolvere il problema pur nella consapevolezza che non è detto che funzionino.
Per molti operatori che lavorano in questo settore si tratta di soluzioni provvisorie, più teoriche che pratiche, che hanno il solo scopo di far ricadere sui professionisti la responsabilità di scelte di sistema che la politica non vuole e non ha il coraggio di prendere.
Eppure, sono diverse le questioni a cui si dovrebbe dare una risposta quanto prima.
La prima: in una grave carenza di risorse di personale non facile da risolvere nel breve periodo, non converrebbe chiudere i pronto soccorso che non sono in grado di affrontare le patologie tempo-dipendenti e che hanno un basso numero di accessi che non garantisce la qualità e sicurezza dell’intervento sanitario? I cittadini credo che lo stiano già capendo da soli ed evitano di rivolgersi ai piccoli pronto soccorso. Purtroppo, non sembra lo capisca la politica che, per timore di perdere il consenso, si sente rassicurata più dal sapere che esiste un presidio sanitario in un piccolo comune piuttosto che dal conoscere la reale capacità che ha di risolvere il problema di salute e dare risposte valide ai bisogni di salute.
Il decreto 71, che ha lo scopo di introdurre nuovi modelli di sviluppo del territorio può rappresentare la grande occasione, istituendo punti di primo soccorso e una valida rete di trasporto sul territorio e gli ospedali di comunità anche se non sappiamo ancora con quale personale.
Per quanto riguarda i punti nascita questa scelta è già stata adottata, anche in questo caso con difficoltà e proteste dei cittadini più sprovveduti, ma far partorire una donna in una struttura che non ti assicura le competenze necessarie per affrontare tutte le possibili complicanze del parto è un fatto gravissimo, inaccettabile. Se oggi siamo una delle regioni con il più basso tasso di mortalità materna è per le buone pratiche che sono state introdotte dagli stessi ginecologi.
La seconda questione è comprendere la variabilità dei ricoveri da parte dei medici di medicina generale: l’Agenzia Regionale di Sanità dispone di questi dati, perché non valutarli? Alcuni medici di medicina generale sembrano avere tassi di ospedalizzazioni evitabili notevolmente superiori ad altri. È importante capire da cosa dipende (dalla differente distribuzione delle patologie, dal non andare a visitare i pazienti ecc.) e introdurre quindi le opportune misure di contenimento.
La terza questione è la necessità di un impegno straordinario della nostra regione nel definire un nuovo modello di organizzazione sanitaria basato su una ricerca seria che attraverso una sperimentazione sul campo definisca nuovi assetti organizzativi sulla base dei risultati ottenuti. Per organizzare gli ospedali per intensità di cura è avvenuto. Abbiamo ottimi centri di riferimento e una società scientifica nazionale che potrebbero occuparsene in modo competente.
La quarta questione, che va sperimentata, è creare degli spazi nei dipartimenti dell’emergenza per far lavorare sui codici non urgenti medici di medicina generale e di continuità. Sarebbe utile per migliorare l’integrazione ospedaleterritorio e anche le professionalità. Ma anche qui sembra che la medicina generale non possa essere coinvolta in nulla di diverso da quello che è previsto dal contratto anche in momenti straordinari e difficili come quello che stiamo passando. Qualcuno darà la colpa alle norme ma spesso la burocrazia nasconde la mancanza di buona volontà.
I recenti provvedimenti della Regione sono soluzioni provvisorie. È il momento di scelte di sistema