Un’altra edicola di quartiere chiude, tra cartelli e lacrime di coccodrillo
Viale De Amicis, la titolare: «Bello l’affetto della gente, ma qui non li abbiamo mai visti»
«La chiusura di un’edicola è una sconfitta per il quartiere. Grazie, ragazzi, per quello che ci avete dato culturalmente. L’Italia è la nazione che legge meno di tutti gli altri stati d’Europa. Meditate, gente».
Il cartello, appiccicato sul chiosco, è l’ultimo omaggio di un affezionato cliente del giornalaio di viale De Amicis. Il 25 luglio, l’edicola ha cessato infatti l’attività. «Ho visto il biglietto sui social — spiega l’ex titolare — Mi ha fatto molto piacere». Proprio su gruppi Facebook come «Noi del Campo di Marte» sono arrivati tanti messaggi di solidarietà e post dispiaciuti: «Anche se — aggiunge la giornalaia — Tante di quelle persone non le conosco: da noi non hanno mai comprato...».
L’avventura per i giornali di viale De Amicis («Il vero proprietario è il mio compagno»)
era cominciata 19 mesi fa: «Abitiamo nel rione ed eravamo contenti di affrontare questa sfida. Ilaria, la vecchia titolare, aveva deciso si lasciare e pur sapendo delle problematiche ci abbiamo provato». Senza successo: «Avevamo pochi clienti fissi: collezionisti, lettori di Tex e Diabolik, appassionati di volumi di arte e storia. Persone che venivano ogni mattina anche con la voglia di confidarsi, fare una battuta, chiacchierare». Un pugno di utenti che però non poteva bastare: «Abbiamo un margine netto di 17 centesimi, su un quotidiano da 1,70 euro. Senza contare che ormai quasi tutti il giornale lo comprano alla Coop o all’Esselunga». E poi sempre meno appassionati ai manga, ai fumetti: «Pure le mamme preferiscono regalare il giocattolino al figlio».
Il rapporto col quartiere era comunque ottimo: «Stamani avrei fatto meglio a non uscire: sono stata assalita dall’affetto del gente». Per il fondo non ci sono acquirenti: «L’edicola non riaprirà». Un problema anche per il venditore senegalese Abuba, che da dieci anni vende la sua merce proprio davanti al giornalaio: «Vediamo cosa succederà. Senza edicola non c’è più passaggio», spiega lui, sconsolato.
A Campo di Marte, l’emorragia di chioschi sembra non avere fine: il giornalaio di ponte al Pino chiuso dopo vent’anni, quello di viale Righi dopo dodici... Ma il fenomeno non riguarda solo Q2. Durante la pandemia, a Firenze, 9 edicole su 90 sono sparite: «E tanti colleghi — spiega Raniero Casini di Sinagi — stanno pensando di dire basta dopo l’estate». Le criticità vanno dai distributori , al rapporto con la Fieg, gli editori italiani: «L’accordo è scaduto da 7-8 anni. Il margine sui giornali dovrebbe salire al 30%». Ed invece si lotta su ogni prodotto: «Sulle figurine avremmo il 25%, ma con un escamotage le allegano ad un paio di fogli di carta registrati come riviste: e si torna al 18% lordo». Non incisive le attività complementari come il servizio anagrafe: «Abbiamo proposto al Comune l’installazione di pannelli elettronici per gli sponsor. E va rivisto il parametro del suolo pubblico».