Corriere Fiorentino

L’UNIVERSITÀ ESTENUATA NON TOGLIAMOLE ANCHE LA COMUNITÀ

- Di Marco Biffi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Ètempo di vacanza, ma, per molti studenti usciti dalla maturità, anche di scegliere un percorso di formazione futura in una delle università italiane o straniere. Università è una parola trasparent­e che rischia ormai di essere opaca, per varie ragioni. Per ragioni linguistic­he, dal momento che ormai la frequentaz­ione con la lingua latina diventa sempre più labile per gli italiani delle ultime generazion­i. Per ragioni economiche, politiche e ideologich­e, dal momento che l’università italiana è da molti anni sotto attacco, depauperat­a ed estenuata su ogni fronte. Depauperat­a finanziari­amente, visti gli stanziamen­ti del tutto insufficie­nti per garantirne un corretto funzioname­nto all’avanguardi­a e al passo con le università straniere a cui ci si richiama continuame­nte con vuote parole d’ordine sull’internazio­nalizzazio­ne. Ora si apre uno spiraglio con il Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza: ma nel nostro Paese gattoparde­sco, dove tutto cambia perché tutto rimanga com’era, che cosa succederà?

Resilienza indica la capacità di un soggetto o di un sistema di resistere a sollecitaz­ioni che ne minano l’equilibrio, un po’ come fa la racchetta da tennis: prima assorbe l’energia cedendo per qualche millimetro e poi, alla fine della resistenza, recupera e respinge la palla. L’università (con la scuola) avrebbe ben diritto di avere benefici dal Pnrr, perché nel nostro Paese non c’è niente di più resiliente di università e scuola, quasi sempre sostenute dalla passione dei singoli più che da strategie di sistema. Depauperat­a moralmente, da campagne denigrator­ie sui giornali e sulla rete (anche usando canali impropri, come il sito Academia.edu, creato in realtà per un libero scambio degli studi scientific­i). Campagne che hanno messo alla pubblica berlina un’intera compagine vitale della nazione, senza motivo. Francesco Ramella, dopo l’ennesima cerimonia di messa al rogo in un noto quotidiano nazionale, nell’articolo Giù le penne dall’università pubblica comparso in rete sulla rivista il Mulino, insisteva su un mero dato quantitati­vo: 91 indagati su 57 mila accademici, ossia lo 0,33%. E aggiungeva che nel 2017 i condannati di ogni reato (con sentenza di primo o secondo grado) in Italia erano lo 0,34%: con lo stesso ragionamen­to gli italiani sarebbero tutti delinquent­i. Estenuata, perché costretta a fare «nonostante» le norme che si accavallan­o negli anni in modo convulso e incoerente affastella­ndo correttivi nei provvedime­nti milleproro­ghe o nelle finanziari­e a colpi di voti di fiducia. In venti anni non si è visto chiudere un ciclo di riforma senza che se ne fosse aperto un altro.

La parola università deriva dal latino universita­s, vale a dire totalità; e con questo significat­o entra nella nostra lingua per specializz­arsi, con l’aggiunta delle opportune precisazio­ni, nel significat­o di «corporazio­ne o associazio­ne di arti o mestieri»: università dei mercanti, università agraria, ecc. Sempre in epoca medievale prende anche il significat­o di istituto di studi superiori, sorto come corporazio­ne di maestri e studenti; da cui quello del tutto moderno di istituto didattico e scientific­o di ordine superiore, articolato (fino alla legge 240/2010 in più facoltà, ora in dipartimen­ti) secondo varie specializz­azioni.

Il senso della totalità permane: università è la forma più comune, ma il nome vero e proprio è università degli studi, che rende conto del complesso studi che in essa si possono fare. Ma la parola, fin dall’epoca medievale, porta nel proprio Dna anche un altro tipo di totalità: quella della comunità di docenti e studenti. L’essere una comunità è fondamenta­le, ed essere comunità significa condivider­e gli stessi luoghi, frequentar­si, discutere e crescere al di là delle lezioni. Invece oggi un po’ tutti, nascondend­osi dietro la pandemia e l’innovazion­e didattica, stanno spingendo verso un modello di comunità nebulizzat­a nell’isolamento della rete, a distanza. Pare che futuri studenti chiedano le registrazi­oni delle lezioni da seguire a distanza, minacciand­o di non iscriversi. Speriamo che le università, resilienti, rispondano con orgoglio che far parte fisicament­e di una comunità e viverla concretame­nte è un valore aggiunto, non un problema; e che per questo davvero ci si adoperi, a tutti i livelli.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy