Corriere Fiorentino

I chiodi, lo scotch: 20 anni fa nasceva la Florentia Viola

Dal fallimento al nuovo club: tutto in 24 ore

- Leonardo Bardazzi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

L’ultima immagine della Fiorentina che fu è Eugenio Fascetti, allenatore viola per appena una manciata di giorni, che a Roncegno, in Valsugana, interrompe l’allenament­o sibilando un «è finita, andiamo tutti a casa». Sul suo telefonino era appena arrivata la telefonata del ds Pavone, che l’avvertiva che il Consiglio Federale di Roma aveva escluso la Fiorentina dalla serie B.

La prima della nuova era invece è la firma, nella canicola fiorentina e sulla scrivania del notaio Cavallina, dell’atto costitutiv­o della nuova società, con il sindaco Domenici e assessore Giani che nel frattempo si erano dati da fare per far rinascere la Fiorentina. Era il primo agosto di esattament­e 20 anni fa, un giorno che nessun tifoso viola dimentiche­rà mai. Dalla disperazio­ne per il fallimento alla speranza della rinascita nel giro di poche ore, in un susseguirs­i d’emozioni da film. «Ricordo con orgoglio quel pomeriggio», ha detto ieri il presidente della Regione Eugenio Giani, che in quel giorno romano riaccompag­nò a Firenze lo storico segretario viola Raffaele Righetti (già nel club dal ‘61), destinato a diventare una sorta di ponte tra passato e futuro: «Eravamo a Roma con Di Livio — racconta Righetti — Tristi, inconsolab­ili. Giani mi disse “corro a Firenze a far rinascere la Fiorentina

e lei dovrà esserne il primo dipendente”. Pochi giorni dopo incontravo Salica (futuro presidente viola, ndr) a Palazzo Vecchio con una lista di 50 cose da fare in un paio di giorni: una di queste riguardava Mijatovic, che aveva scritto per riscuotere gli stipendi non incassati dalla vecchia Fiorentina. Salica mi disse “ma veramente avrei la famiglia al mare...”. In realtà eravamo tutti gasati all’idea di ripartire». La garanzia, anche agli occhi dei tifosi, fu Giovanni Galli, che al buio disse sì senza pensarci un attimo: «Diventai ds di una squadra che non aveva proprietà e non sapeva dove avrebbe giocato, mi dissero che il club non aveva neppure gli armadietti negli spogliatoi. Mettemmo dei chiodi nella parete come appendi abiti, poi chiamai Romeo (il magazzinie­re, ndr) e lo mandai ai grandi magazzini a comprare le maglie per giocare in Coppa Italia». «Non avevamo marchio, né tanto meno sponsor — aggiunge Sandro Mencucci,

commercial­ista e futuro a.d. viola (ora è al Lecce) ed entrato all’improvviso nella partita perché chiamato dal notaio Cavallina — Scendemmo in campo contro il Pisa con lo scotch sulla maglia. A pensarci, sembra di parlare di un’altra epoca». I Della Valle arrivarono qualche giorno dopo, giusto il tempo per ricevere in barca il sindaco e comprare la Fiorentina: «Ricordo la loro calma, noi lavoravamo in un unico ufficio senza penne, ma capii subito che facevano sul serio», dice ancora Mencucci. «La prima cosa che mi dissero fu “noi vogliamo vincere il campionato” — aggiunge Galli — io allora alzai il telefono e chiamai Di Livio. Avevo bisogno di un capitano vero, anche per la gente».

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 ?? ?? Il capitano della Florentia Viola Angelo Di Livio con il bomber Christian Riganò. Sotto, da sinistra, Giovanni Galli, Gino Salica, Andrea e Diego Della Valle
Il capitano della Florentia Viola Angelo Di Livio con il bomber Christian Riganò. Sotto, da sinistra, Giovanni Galli, Gino Salica, Andrea e Diego Della Valle
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(Morini/Sestini)

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