Le avventure della Coperta Guicciardini Iniziate in Sicilia
Si era circa all’inizio della seconda metà del XIV secolo e il fiorentino Niccolò Acciaiuoli (in realtà era di Montespertoli) godeva di tale credito presso i d’Angiò, re titolari della Sicilia, da meritare il titolo di «Siniscalco del Regno».
Fu in quegli anni che i Guicciardini, amici dell’Acciaiuoli, commissionarono a ricamatori siciliani la Coperta Guicciardini che oggi, al primo piano del museo di Casa Davanzati, torna visibile in una sala interamente a lei dedicata: da trent’anni non era stata esposta tranne che per un breve periodo, nel 2010, quando andò in mostra dopo un restauro curato dall’Opificio delle Pietre Dure.
La coperta, opera di rara raffinatezza custodita in una teca a temperatura controllata e posta di fronte a una sua copia per rendere più facile riconoscere le vicende rappresentate dai ricamatori, è affiancata a un video rivolto ai bambini perché possano capirne il senso, e contiene una storia nella storia. «Realizzata con due tessuti di lino inframmezzati da pezzature di cotone per ispessire i ricami — ci spiega il responsabile del museo Daniele Rapino — racconta le vicende di Tristano e Isotta, poema cavalleresco allora molto in voga soprattutto nella Sicilia angioina. Solo che i personaggi (il cavaliere buono e il mostro cattivo ndr.) hanno i volti di membri della famiglia fiorentina rappresentata nel ricamo anche con lo stemma, il guicciardo, posto accanto ai gigli dei angioini».
Questo intreccio di culture — che già da sé manifesta quanto sia fertile l’incontro delle diversità — non è l’unico indizio del lungo viaggio compiuto dalla coperta.
Per secoli dei suoi cavalieri e delle sue donzelle ricamati su lino si era persa traccia. Anche i Guicciardini avevano dimenticato di possederla. All’inizio del ‘900 nella villa di famiglia a Usella, in zona Cantagallo, fu qualcuno della servitù a rendersi conto del valore del pezzo. Costui la divise in due parti e riuscì a venderne un pezzo al Victoria and Albert Museum, uno dei più importanti musei di arti applicate al mondo dove è tutt’ora esposta. Il tentativo degli inglesi di acquistare anche la seconda parte del manufatto fu bloccato dai padroni di casa che, qualche decennio dopo, si resero conto di possedere un tesoro, seppur smezzato. Sarà lo Stato italiano alla fine ad acquistarlo e la coperta finirà nella collezione del Museo del Bargello di cui fa ancora parte.
Il grosso restauro è del 2010. Quando all’Opificio non solo si è proceduto all’analisi dell’opera e alla sua pulitura, ma anche alla rimessa in forma delle trame e degli orditi deformati. L’ultimo atto di quell’intervento è stata la realizzazione della copia. Esposta al Davanzati accanto all’originale.