Trittici e lunette, così era abbellito il convento
Sparse nel mondo alcune opere del complesso. Una storia tutta di riscrivere
La scommessa nella scommessa, in questo lavorare di immaginazione per progettare il museo e il centro culturale che dal 2025 in poi, se non ci saranno intoppi, dovrebbe chiudere per sempre la scandalosa fase della quarantennale chiusura del complesso di Sant’Orsola in San Lorenzo, è ricostruirne la storia. Ricostruire chi da qui è passato o ha vissuto, Lisa Gherardini a parte, ma soprattutto quali opere vi erano custodite e chi erano stati i committenti.
L’obiettivo è di riportare in situ, quando sarà possibile, le opere d’arte che un tempo decoravano il monastero: la prima, che andrà restaurata e poi collocata nel nascituro museo, individuata grazie a una ricerca fatta negli archivi del convento sparsi in vari luoghi di Firenze, è una pala d’altare che rappresenta un Martirio di Sant’Orsola; è stata realizzata da Bartolomeo Salvestrini e adesso si trova nei depositi della Regione, al piano alto del museo del Cenacolo di Andrea del Sarto: «Un’opera seicentesca» spiega Maria Camilla Palleschi, collaboratrice della direttrice del museo e allestitrice della mostra Morgane Lucquet Laforgue, per il cui restauro partirà una raccolta fondi. Ma non è questa la sola testimonianza della storia che fu, recuperata da questa prima tranche di studi su Sant’Orsola, e che confluirà anche in un libro. Una lunetta invetriata del convento, riprodotta in copia in collaborazione con il Liceo Artistico di Porta Romana e ora qui esposta, ha il suo originale all’Accademia di Belle Arti. A Bagno a Ripoli, nella chiesa di San Giorgio a Ruballa, c’è un’opera di Matteo Rosselli, anche questa una pala d’altare, che probabilmente — si stanno ancora facendo delle verifiche aggiuntive — dovrebbe provenire da qui. Mentre nei depositi di Ognissanti si presume possa esserci un affreschino raffigurante un’Adorazione dei Magi, anche in questo caso preveniente dal nostro convento, che nel Cinquecento pare sia stato ritoccato. Certamente appartenute al convento, ma altrettanto certamente destinate a restare altrove, sono le due parti rimaste di un trittico sul Martirio di Sant’Orsola di Bartolomeo Daddi oggi di proprietà del Getty museum di Los Angeles (quella relativa all’arrivo a Colonia della santa) e del museo nazionale Svizzero di Zurigo, (quella relativa al momento del martirio vero e proprio). La parte centrale, con una Crocifissione, è andata dispersa.