TRE PILASTRI E IL GIUSTO EQUILIBRIO
L’intervista al professore Spinelli sul Corriere Fiorentino di ieri ha sollevato questioni ben note agli economisti che si occupano di sanità. In quasi tutti i Paesi europei vale, grosso modo, un sistema sanitario a tre pilastri in cui il primo, quello fondamentale, è destinato a coprire le prestazione che noi chiamiamo i Livelli essenziali di assistenza (Lea), che definiscono l’area di responsabilità pubblica nei confronti del diritto alla salute. Le entità decentrate (le Regioni o i distretti sanitari inglesi), sulla base del finanziamento erariale, sostengono a loro volta le aziende sanitarie sul territorio. A questo primo si aggiunge un secondo «pilastro» rivolto a coprire le prestazioni extra-Lea, finanziabili con imposte regionali al di sopra del livello standard nazionale, i ticket sanitari e soprattutto con le assicurazione integrative, regionali e obbligatorie. Il terzo «pilastro» riguarda la spesa privata, eventualmente sostenuta da assicurazioni private facoltative, a copertura di spese out-ofpocket. Nei Paesi europei la differenza sta nelle dimensioni relative dei tre pilastri stessi e nel ruolo della sanità privata convenzionata. In Italia, l’ampiezza del primo pilastro, dato il carattere di onnicomprensività assunto nel tempo dai Lea, ha in un certo senso limitato lo sviluppo del secondo, soffocando, di fatto, i fondi sanitari pubblici e aziendali (solo di recente avviati nelle grandi imprese), senza però contenere il terzo pilastro, che, anzi, è venuto, nel tempo, crescendo in aggregato.
L’Italia è infatti uno dei Paesi in cui la spesa privata è cresciuta più della spesa pubblica soprattutto a causa del fenomeno del razionamento, sotto forma delle liste di attesa presso le strutture pubbliche, che spinge, in molte regioni, numerosi utenti fuori dal servizio sanitario nazionale. L’ampia estensione della gamma delle prestazioni rientranti nelle configurazioni dei Lea e del relativo finanziamento pubblico tramite la fiscalità generale, se pur condivisibile sotto il profilo degli obiettivi equitativi, può alla lunga risultare non sostenibile dal punto di vista della tenuta finanziaria e/o della conseguente crescita della pressione fiscale. Un ampliamento del secondo pilastro, affiancato allo sviluppo di un sistema articolato e progressivo di con-pagamento assicurabile, potrebbe limitare questi problemi di insostenibilità nel lungo periodo, pur mantenendo intatto il carattere di universalità del servizio e elevato il grado di copertura pubblica delle prestazioni. Quanto a privato e no-profit, limitarne l’azione contraddice con il fenomeno dell’espansione secolare della domanda rispetto all’offerta di prestazioni sociali. Un sistema di accreditamento ben oliato come in Toscana può garantire sulla qualità delle erogazioni del privato complementare.
Rispetto al professor Spinelli sono più fiducioso nella riforma della sanità territoriale delineata, su spinta del Pnrr, dal Dm 77 del 2022. Un sistema capillare di strutture di comunità può esercitare un’azione di filtraggio rispetto agli ospedali riducendo così i costi e garantendo un’assistenza puntuale e universale. Fondamentale è però che la politica smetta di trattare la sanità come una cenerentola quanto a risorse distribuite .