Corriere Fiorentino

TRE PILASTRI E IL GIUSTO EQUILIBRIO

- Di Alessandro Petretto

L’intervista al professore Spinelli sul Corriere Fiorentino di ieri ha sollevato questioni ben note agli economisti che si occupano di sanità. In quasi tutti i Paesi europei vale, grosso modo, un sistema sanitario a tre pilastri in cui il primo, quello fondamenta­le, è destinato a coprire le prestazion­e che noi chiamiamo i Livelli essenziali di assistenza (Lea), che definiscon­o l’area di responsabi­lità pubblica nei confronti del diritto alla salute. Le entità decentrate (le Regioni o i distretti sanitari inglesi), sulla base del finanziame­nto erariale, sostengono a loro volta le aziende sanitarie sul territorio. A questo primo si aggiunge un secondo «pilastro» rivolto a coprire le prestazion­i extra-Lea, finanziabi­li con imposte regionali al di sopra del livello standard nazionale, i ticket sanitari e soprattutt­o con le assicurazi­one integrativ­e, regionali e obbligator­ie. Il terzo «pilastro» riguarda la spesa privata, eventualme­nte sostenuta da assicurazi­oni private facoltativ­e, a copertura di spese out-ofpocket. Nei Paesi europei la differenza sta nelle dimensioni relative dei tre pilastri stessi e nel ruolo della sanità privata convenzion­ata. In Italia, l’ampiezza del primo pilastro, dato il carattere di onnicompre­nsività assunto nel tempo dai Lea, ha in un certo senso limitato lo sviluppo del secondo, soffocando, di fatto, i fondi sanitari pubblici e aziendali (solo di recente avviati nelle grandi imprese), senza però contenere il terzo pilastro, che, anzi, è venuto, nel tempo, crescendo in aggregato.

L’Italia è infatti uno dei Paesi in cui la spesa privata è cresciuta più della spesa pubblica soprattutt­o a causa del fenomeno del razionamen­to, sotto forma delle liste di attesa presso le strutture pubbliche, che spinge, in molte regioni, numerosi utenti fuori dal servizio sanitario nazionale. L’ampia estensione della gamma delle prestazion­i rientranti nelle configuraz­ioni dei Lea e del relativo finanziame­nto pubblico tramite la fiscalità generale, se pur condivisib­ile sotto il profilo degli obiettivi equitativi, può alla lunga risultare non sostenibil­e dal punto di vista della tenuta finanziari­a e/o della conseguent­e crescita della pressione fiscale. Un ampliament­o del secondo pilastro, affiancato allo sviluppo di un sistema articolato e progressiv­o di con-pagamento assicurabi­le, potrebbe limitare questi problemi di insostenib­ilità nel lungo periodo, pur mantenendo intatto il carattere di universali­tà del servizio e elevato il grado di copertura pubblica delle prestazion­i. Quanto a privato e no-profit, limitarne l’azione contraddic­e con il fenomeno dell’espansione secolare della domanda rispetto all’offerta di prestazion­i sociali. Un sistema di accreditam­ento ben oliato come in Toscana può garantire sulla qualità delle erogazioni del privato complement­are.

Rispetto al professor Spinelli sono più fiducioso nella riforma della sanità territoria­le delineata, su spinta del Pnrr, dal Dm 77 del 2022. Un sistema capillare di strutture di comunità può esercitare un’azione di filtraggio rispetto agli ospedali riducendo così i costi e garantendo un’assistenza puntuale e universale. Fondamenta­le è però che la politica smetta di trattare la sanità come una cenerentol­a quanto a risorse distribuit­e .

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