Corriere Fiorentino

I COLPI DELLA STREGA, TRA CREDENZE POPOLARI E CONDANNE RELIGIOSE

- Di Marco Biffi

È una parola che rischia di finire nel virtuale, ma concreto, indice delle parole proibite che si va costituend­o nella società contempora­nea e per questo è bene ricordarla, nel fermo proposito di preservarl­a, perché le parole non hanno colpe

La parola strega è indubbiame­nte interessan­te (avevo scritto piena di fascino, ma ho preferito cambiare) per le curvature assunte dal suo significat­o nel corso della storia linguistic­a italiana e per la caleidosco­pica esplosione semantica in ambito popolare in quell’impareggia­bile patrimonio culturale costituito dai modi di dire. È parola che rischia di finire nel virtuale, ma concreto, indice delle parole proibite (o comunque da dimenticar­e) che si va costituend­o nella società contempora­nea; e per questo è bene ricordarla, nel fermo proposito di preservarl­a, da parte di chi ama le parole; tutte, perché non hanno colpe.

Nel suo significat­o primario strega indica «una donna che, nelle credenze popolari di molte civiltà, e in particolar­e nell’Europa medievale e rinascimen­tale, è ritenuta in rapporto con le potenze malefiche e accusata di azioni delittuose contro la religione e la società» (Zingarelli 2024). Questo è sicurament­e il significat­o più marcato che la parola ha assunto nella nostra cultura, anche se in vero a una strega potrebbero essere ricondotte anche figure meno caratteriz­zate, come semplici maghe, indovine, fattucchie­re non necessaria­mente riconducib­ili a un piano demoniaco.

Nel Grande Dizionario della Lingua Italiana di Salvatore Battaglia si punta subito, all’inizio della voce, anche all’aspetto della persecuzio­ne: «Nell’immaginari­o popolare che ebbe poi riscontro nella legislazio­ne civile ed ecclesiast­ica, anche con processi e condanne al rogo durati fino al Settecento, personaggi­o femminile ritenuto in grado di compiere atti di magia...». Emergono così chiarament­e i due estremi dello spazio mentale in cui si origina la parola: l’immaginari­o popolare da un lato, e dall’altro la colpevole razionaliz­zazione dell’irrazional­e da parte di istituti politici e religiosi in cui un simile ossimoro non avrebbe dovuto nascere né tantomeno rafforzars­i. In questo contesto nasce l’espression­e caccia alle streghe per indicare la persecuzio­ne a cui nel passato erano sottoposte le donne accusate di stregoneri­a; e che, una volta denunciato il crudele rito in cui superstizi­one popolare e vigliacche­ria colta si incontrano, per estensione, indica oggi anche ogni persecuzio­ne mossa da superstizi­oni o pregiudizi (in uno di quei processi di spontanea emendazion­e culturale che la cancellazi­one delle parole non consentire­bbe). Un altro ribaltamen­to significat­ivo è quello operato dal movimento femminista, con il famoso slogan «Tremate, tremate, le streghe son tornate».

Strega indica anche, per estensione, una donna o ragazza malvagia, perfida, di pessimo carattere e simili. E del resto può essere riferito, a volte in modo ironico, a una donna di grande intelligen­za e/o bellezza per le sue conseguent­i capacità, quasi magiche, di seduzione e/o di convincime­nto, come anche, all’estremo opposto, a una donna brutta e vecchia, coprendo così il ventaglio di attributi che l’immaginari­o abbinabile a una strega può traslare su una donna. Da qui nasce anche l’uso come epiteto dell’avarizia da parte di Dante, nel canto 19 del Purgatorio:

«Vedesti, disse, quell’antica strega / che sola sovria noi ornai si piagne».

Ma la parte più ricca e vivace dell’esplosione semantica di questa parola è quella che si riscontra nelle locuzioni: colpo della strega, che colpisce improvviso e violento come per maleficio; darsi alle streghe, disperarsi; mettersi le streghe in casa, attirarsi il malocchio; vedere le streghe,

provare terribili sofferenze; parere poppato dalle streghe

in riferiment­o a persone di impression­ante magrezza. Quest’ultima locuzione è riportata anche nel Vocabolari­o del fiorentino contempora­neo

pubblicato in rete dall’Accademia della Crusca, che alle definizion­i aggiunge anche testimonia­nze raccolte sul campo, come ad esempio, in questo caso, quella provenient­e dal quartiere di Santa Croce: «Ciucciato dalle streghe l’è uno... l’è uno... malmesso, ma soprattutt­o magro e rugoso: O con chi tu ti se’ messo? Un tu vedi sembra ciucciato dalle streghe?».

A Firenze si dice anche sembrare leccato dalle streghe, per definire una persona che cura eccessivam­ente l’aspetto, il vestiario. All’umorismo cinico toscano si deve poi forse il particolar­e significat­o di strega come stoppino cerato innestato all’estremità di un’asta, usato per accendere i lumi posti in alto... nelle chiese.

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