I COLPI DELLA STREGA, TRA CREDENZE POPOLARI E CONDANNE RELIGIOSE
È una parola che rischia di finire nel virtuale, ma concreto, indice delle parole proibite che si va costituendo nella società contemporanea e per questo è bene ricordarla, nel fermo proposito di preservarla, perché le parole non hanno colpe
La parola strega è indubbiamente interessante (avevo scritto piena di fascino, ma ho preferito cambiare) per le curvature assunte dal suo significato nel corso della storia linguistica italiana e per la caleidoscopica esplosione semantica in ambito popolare in quell’impareggiabile patrimonio culturale costituito dai modi di dire. È parola che rischia di finire nel virtuale, ma concreto, indice delle parole proibite (o comunque da dimenticare) che si va costituendo nella società contemporanea; e per questo è bene ricordarla, nel fermo proposito di preservarla, da parte di chi ama le parole; tutte, perché non hanno colpe.
Nel suo significato primario strega indica «una donna che, nelle credenze popolari di molte civiltà, e in particolare nell’Europa medievale e rinascimentale, è ritenuta in rapporto con le potenze malefiche e accusata di azioni delittuose contro la religione e la società» (Zingarelli 2024). Questo è sicuramente il significato più marcato che la parola ha assunto nella nostra cultura, anche se in vero a una strega potrebbero essere ricondotte anche figure meno caratterizzate, come semplici maghe, indovine, fattucchiere non necessariamente riconducibili a un piano demoniaco.
Nel Grande Dizionario della Lingua Italiana di Salvatore Battaglia si punta subito, all’inizio della voce, anche all’aspetto della persecuzione: «Nell’immaginario popolare che ebbe poi riscontro nella legislazione civile ed ecclesiastica, anche con processi e condanne al rogo durati fino al Settecento, personaggio femminile ritenuto in grado di compiere atti di magia...». Emergono così chiaramente i due estremi dello spazio mentale in cui si origina la parola: l’immaginario popolare da un lato, e dall’altro la colpevole razionalizzazione dell’irrazionale da parte di istituti politici e religiosi in cui un simile ossimoro non avrebbe dovuto nascere né tantomeno rafforzarsi. In questo contesto nasce l’espressione caccia alle streghe per indicare la persecuzione a cui nel passato erano sottoposte le donne accusate di stregoneria; e che, una volta denunciato il crudele rito in cui superstizione popolare e vigliaccheria colta si incontrano, per estensione, indica oggi anche ogni persecuzione mossa da superstizioni o pregiudizi (in uno di quei processi di spontanea emendazione culturale che la cancellazione delle parole non consentirebbe). Un altro ribaltamento significativo è quello operato dal movimento femminista, con il famoso slogan «Tremate, tremate, le streghe son tornate».
Strega indica anche, per estensione, una donna o ragazza malvagia, perfida, di pessimo carattere e simili. E del resto può essere riferito, a volte in modo ironico, a una donna di grande intelligenza e/o bellezza per le sue conseguenti capacità, quasi magiche, di seduzione e/o di convincimento, come anche, all’estremo opposto, a una donna brutta e vecchia, coprendo così il ventaglio di attributi che l’immaginario abbinabile a una strega può traslare su una donna. Da qui nasce anche l’uso come epiteto dell’avarizia da parte di Dante, nel canto 19 del Purgatorio:
«Vedesti, disse, quell’antica strega / che sola sovria noi ornai si piagne».
Ma la parte più ricca e vivace dell’esplosione semantica di questa parola è quella che si riscontra nelle locuzioni: colpo della strega, che colpisce improvviso e violento come per maleficio; darsi alle streghe, disperarsi; mettersi le streghe in casa, attirarsi il malocchio; vedere le streghe,
provare terribili sofferenze; parere poppato dalle streghe
in riferimento a persone di impressionante magrezza. Quest’ultima locuzione è riportata anche nel Vocabolario del fiorentino contemporaneo
pubblicato in rete dall’Accademia della Crusca, che alle definizioni aggiunge anche testimonianze raccolte sul campo, come ad esempio, in questo caso, quella proveniente dal quartiere di Santa Croce: «Ciucciato dalle streghe l’è uno... l’è uno... malmesso, ma soprattutto magro e rugoso: O con chi tu ti se’ messo? Un tu vedi sembra ciucciato dalle streghe?».
A Firenze si dice anche sembrare leccato dalle streghe, per definire una persona che cura eccessivamente l’aspetto, il vestiario. All’umorismo cinico toscano si deve poi forse il particolare significato di strega come stoppino cerato innestato all’estremità di un’asta, usato per accendere i lumi posti in alto... nelle chiese.