Dal casello di Chiusi all’Antella, tutto è rimasto come 60 anni fa
Due corsie, una occupata dal serpentone dei Tir. Un incidente ed è subito caos
Fuori dal casello di Arezzo sono ancora ben visibili i cartelli della viabilità alternativa predisposta in occasione della penultima giornata di caos in Autosole, nel pomeriggio di venerdì 12 aprile, quando l’arteria principale della circolazione nord-sud è stata chiusa dopo l’incidente in cui era andato a fuoco, poco lontano, un Tir carico di pollame, con l’Italia spezzata in due per cinque ore. L’ultimo collasso (minore) è avvenuto poi tre giorni dopo: un altro camion ribaltato in un groviglio di auto, con la carreggiata nord bloccata per un paio d’ore.
Inutile girarci intorno: il tratto fra Firenze sud e Chiusi (ultima uscita toscana, ma è lo stesso fino ad Orte) di quello che a suo tempo fu un miracolo di ingegneria dei trasporti, costruito in appena 7 anni, fra il 1957 e il 1964, non regge più, è diventato il ventre molle della Milano-Roma, un collo di bottiglia nel quale auto e Tir viaggiano sempre al limite della capacità di assorbimento dell’A1 e basta un incidente, sia pure non grave, a scatenare la paralisi, con traffico deviato su una viabilità alternativa che è ancora quella dei tempi del Granduca.
Il viaggio lungo il percorso, sia pure in una mattinata di ponte relativamente tranquilla, conferma l’impressione. Il motivo è presto detto: quello da Firenze sud fino a Chiusi e Orte (e viceversa) è l’unico pezzo di Autosole che sia rimasto come era sessant’anni fa: due corsie per senso di marcia. È chiaro dunque che diventa un nodo scorsoio per il traffico in direzione sud, dalle tre corsie di Firenze (addirittura quattro prima di Bologna) e per quello diretto verso nord dalle tre corsie della Roma-Orte.
I numeri aiutano a capire meglio il ragionamento: ogni giorno tra i caselli di Firenze sud e Valdarno viaggiano qualcosa come 80 mila veicoli, leggeri e (soprattutto) pesanti, da Valdarno ad Arezzo sono 60 mila, sotto Arezzo, fino a Chiusi, altri 50. Gli esperti dicono che siamo al limite della saturazione. Infatti, anche in un orario, le 12, che non è di punta, la corsia di marcia è occupata per intero dai Tir, mentre il traffico delle auto si snoda quasi solo su quella di sorpasso. Di cantieri, fra Firenze ed Arezzo, e poi fra Arezzo e Chiusi, ce ne sono pochi e relativamente modesti, l’asfalto è buono, ma il serpentone dei veicoli fa lo stesso fatica a tenere il passo di marcia: vent’anni fa, fra Firenze ed Arezzo, sessanta chilometri tondi, servivano 25 minuti, ora ne occorrono almeno cinque, a volte dieci, in più. Nel lungo rettilineo del Valdarno è difficile arrivare al limite canonico dei 130.
Non parliamo poi della salita del San Donato, dove i Tir rallentano e si superano fra loro, creando una sorta di tappo. A ogni ponte festivo diventa un pantano, con chilometri di fila, in nord come in sud, dove all’altezza dell’area di servizio Chianti si lavora alla terza corsia.
Già, la terza corsia: fino ad Incisa ci sono i cantieri, da lì a Valdarno siamo in fase di progettazione esecutiva. Più a sud, invece, non ci sono neppure i progetti, solo le code periodiche. Di progressivo, nell’A1 fra Firenze e Chiusi, c’è solo la paralisi.
In salita Fino ad Incisa aperti i cantieri per la terza corsia. Da Incisa al Valdarno lavori in progettazione Nessun progetto procedendo oltre