Corriere Fiorentino

Elvis, il musical- fiaba (con finale triste)

Al Verdi lo spettacolo di Maurizio Colombi. E tre interpreti per una leggenda

- Peter Pan, Rapunzel La Regina di ghiaccio. Caterina Ruggi d’Aragona

Memphis, 18 agosto 1977: oltre 150 mila persone piangono la morte di Elvis Presley. Si apre su quella scena Elvis The musical, che debuttò a Milano nel 2017, in occasione del 40ennale della morte. E che va in scena, dopo il successo all’estero, al Teatro Verdi di Firenze, domani (ore 20.45) e domenica (ore 16.45). A interpreta­re la leggenda sono in tre: Ivan De Carlo (Elvis adulto), Manuel Di Santo (Elvis giovane) e Teresa Morici (Elvis bambino).

«An amazing rock’n’roll show»: il sottotitol­o suggerisce il potere incantator­io di un racconto che, incrociand­o vita pubblica e privata, va oltre la leggenda. «Non ho voluto creare un documentar­io, ma emozionare raccontand­o la storia di Elvis come fosse una fiaba, come uno dei miei family show; ma con il finale triste», ha spiegato Maurizio Colombi, autore e regista del primo musical italiano dedicato al divo. Prova di un amore reciproco, siglato perfino da un «regalo»: Oh sole mio, tra i più noti inni del Belpaese, tradotta in quel It’s now or never, di cui Elvis vendette più di 20 milioni di copie. Canzoni come Jailhouse Rock, Suspicious Minds, Always on my mind accompagna­no il pubblico nel dipanarsi della storia che, con un flashback dalla sua morte, riannoda i fili su un camionista che si ferma in una sala di registrazi­one improvvisa­ta per incidere un disco da regalare alla madre per il compleanno imminente. Quel ragazzo dai capelli biondo naturale non fa in tempo a rivelare la sorpresa: il suo incontenib­ile talento è già esploso, dando il via all’ascesa vertiginos­a della prima vera e unica rockstar planetaria, il re del rock’n’roll. La sua biografia in musica si sofferma soprattutt­o sulle pieghe umane: dal faticoso lavoro di camionista alla prima incisione per la madre (My Happiness), dal successo alle accuse di razzismo, dalla depression­e alla solitudine e alla morte. «Non è un concerto tributo. È un vero spettacolo in cui ho messo elementi di commedia dell’arte», commenta il regista, che affida alla band dal vivo la scansione di un ritmo incalzante, che rallenta in momenti clou. Come la relazione di Elvis con Priscilla, la morte della madre Gladys e lo show televisivo del 1968, che segnò il ritorno del «re» alla musica dopo i frustranti anni dei film. «Replicare Elvis sarebbe stato impossibil­e, così ho giocato con l’idea che fossero dei fan a interpreta­re lui e i personaggi della sua storia», dice Colombi spiegando la scelta metateatra­le di affidare il racconto a figure che gli sono state vicine: la madre, il padre, i ragazzi della sua band, sua moglie, la sua ultima compagna, il suo agente (il colonnello Parker), il road manager Joe Esposito e il proprietar­io della Sun Records Sam Phillips. In scena 21 artisti compresa una band di 4 elementi, diretti dal regista che, oltre al successo di We Will Rock You dei Queen, ha conquistat­o il pubblico con

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Ivan De Carlo nei panni di Elvis Presley adulto
Scena Ivan De Carlo nei panni di Elvis Presley adulto

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