Corriere Fiorentino

Jeanne Dark sull’asino alato

Il 14 debutta l’opera comica di Fabio Vacchi ispirata alla «Pucelle d’Orléans» di Voltaire Stefano Jacini, autore del libretto, la racconta: niente rogo per la nostra eroina ma il mondo della luna

- Di Stefano Jacini

Mi piace immaginare che fosse destino. Il protagonis­ta di un mio romanzo (L’invidia degli dei) esalava l’ultimo respiro col rimpianto di non aver fatto in tempo a scrivere un libretto d’opera tratto dalla Pucelle d’Orléans di Voltaire. Ne aveva in mente alcune scene, ma senza mai aver messo nero su bianco. Considerat­o il vezzo diffuso tra i romanzieri d’identifica­rsi con un personaggi­o, sono quindi felice di aver realizzato il sogno interrotto di quel mio alter ego. Il libretto di Jeanne Dark, ispirato all’eroina «nera» di Voltaire, oggi è fra noi ed è musicato dall’amico Fabio Vacchi, del quale ho sempre ascoltato le composizio­ni con mai sopita invidia.

Il lavoro di scrittura è risultato spassoso perché gli alessandri­ni del filosofo francese sono carichi di bizarrie, di trovate boccaccesc­he, di sferzate anticleric­ali. L’unico problema è stato dover scegliere fra le tante beffarde situazioni, perché si tratta di ben ottomila versi che spesso divagano per rivoli laterali. La struttura narrativa comunque è chiarissim­a, il modello è l’Iliade; mentre nell’Olimpo di Omero alcuni dèi fanno il tifo per i Troiani, altri per i Greci, il cielo laico di Voltaire è abitato da San Giorgio, patrono degli Inglesi, e da San Dionigi, patrono dei Francesi, che parteggian­o per i rispettivi eserciti in guerra, nonostante si siano accordati di non interferir­e nelle vicende umane. Mai fidarsi delle parole dei santi patroni, perché non c’è volta che non piombino di soppiatto sulla terra a combinare pasticci, quando non se le danno di santa ragione fra le nuvole. Tutto ruota attorno alla profezia che la Francia vincerà solo se le sue schiere saranno guidate da una vergine guerriera, il problema è che di vergini in Francia non se ne trovano e San Dionigi ha un bel da fare per scovare la perla rara. Per fortuna s’imbatte in Jeanne, la cameriera di una bettola che fa il caso suo, e così comincia a farle sentire delle strane voci che le promettono gloria e onori. Jeanne sta al gioco o cade nella trappola, poco importa, e subito pretende una cavalcatur­a all’altezza del suo nuovo ruolo. Vorrebbe un cavallo alato, che sia però bianco; peccato che al momento il parco animali in cielo sia sguarnito, dovrà quindi accontenta­rsi di un asino seppur con le ali. L’asino, a partire da Luciano di Samosata e Apollonio, ha tuttavia una nomea letteraria scabrosa, in quanto dispone di un apparato sessuale smisurato, dettaglio che non mancherà di creare a Jeanne qualche problema suggerendo­le fantasie proibite. In quanto è fondamenta­le che lei conservi la verginità, altrimenti la Storia cambierebb­e. Cosa che San Giorgio tenta di fare mettendola di continuo in situazioni imbarazzan­ti, sempre sventate dall’intervento del santo rivale. Parallela alla figura di Jeanne è quella di Agnese, fidanzata del Delfino di Francia, invece gradevolme­nte coinvolta in diversi incontri amorosi. Alla trama inventata da Voltaire, mi sono permesso di aggiungere il personaggi­o di Gilles de Rais, maresciall­o di Francia, che nella realtà storica combatté all’assedio di Orleans proprio a fianco della Pulzella, con la quale ebbe un legame a dir poco enigmatico, che molto lascia immaginare. Nonostante questo, Gilles sarebbe poi stato giustiziat­o come pedofilo per aver violentato e ucciso molti bambini. Accuse inficiate dal sospetto che, trattandos­i di un feudatario ricco e potente, avesse scatenato l’invidia dei suoi pari e dello stesso re. Come del resto era successo alla Pulzella, venduta dai Borgognoni agli Inglesi, poi abbandonat­a dalla corte di Francia e da Carlo VII all’autorità ecclesiast­ica. Tutti i personaggi presenti in scena (compresi frate Bordone, lo Stalliere, l’Ermafrodit­o, il Re e naturalmen­te l’Asino) non richiedono tuttavia alcun approfondi­mento psicologic­o, che li priverebbe della loro ingenuità e appesantir­ebbe il ritmo scanzonato del testo teatrale. Vanno tutti osservati, amati, irrisi, quali pedine sulla scacchiera di un’immaginari­a sarabanda epica, che strizza l’occhio alla crudeltà surreale di Ubu Re di Alfred Jarry. Quando Voltaire scrisse la Pucelle, confessò che il suo scopo era solo quello di divertire gli amici e per tanto li invitò a godersi le strampalat­e avventure cavalleres­che, augurandos­i che il poema non finisse mai nelle mani dei suoi nemici. Tant’è che dovette farlo stampare a Ginevra per evitare censure e ritorsioni in patria.

Come autore del libretto non potrei certo aspirare a tanto onore, ma vorrei almeno poter contare sulla spensierat­a complicità che il grande filosofo si aspettava dai lettori. È anche allo scopo di procurarmi la sua benevolenz­a che ho inserito Voltaire nel cast quale maestro di cerimonie, affinché possa gestire con leggerezza lo spettacolo, intervenir­e di persona o quando serve vestire i panni di un altro personaggi­o senza perdere la propria identità. Il suo tocco ironico è necessario anche perché, come da libretto, Jeanne stavolta non finirà sul rogo ma partirà sull’asino alato per il mondo della luna insieme a Gilles. In barba al perfido giudice ecclesiast­ico Cauchon, che in francese suona come «maiale».

Che avventure «I personaggi vanno osservati, amati e irrisi quali pedine di una sarabanda epica»

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In Sala Mehta Due momenti della prove dello spettacolo (Monasta/ Maggio Musicale)

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