Corriere Fiorentino

«Molti giudici e pm non conoscono il carcere»

L’avvocato Passione e i casi di ingiusta detenzione: «A volte non si pensa alle conseguenz­e»

- Antonella Mollica

Avvocato Michele Passione secondo i dati del Ministero dell’Economia nel 2023 lo Stato ha speso quasi 28 milioni per ingiusta detenzione, una cifra che fa impression­e.

«Sicurament­e nel nostro Paese c’è un uso eccessivo della custodia cautelare. Non voglio dire che si faccia un uso irragionev­ole o gratuito di questo strumento ma che forse quando si decide una misura così afflittiva non si tenga conto delle conseguenz­e sulla vita delle persone. Gli effetti della detenzione sono sempre devastanti, perdita dell’onore e della salute in primis. Il carcere è l’unico luogo in cui entri sano e ti aprono una cartella clinica».

Quale può essere il rimedio?

«I magistrati devono essere scrupolosi e usare questo strumento con cautela. A differenza dei magistrati di sorveglian­za spesso pm e giudici non conoscono i luoghi dove mandano le persone. A tal proposito alcune associazio­ni tra cui Unione camere penali, Società della Ragione, Amici di Sciascia, Fondazione Enzo Tortora, stanno portando avanti una proposta di legge volta a rafforzare il livello di consapevol­ezza dei magistrati sul tema della privazione della libertà personale. Si prevede che l’attività formativa del magistrato comprenda anche lo studio del diritto penitenzia­rio e della letteratur­a dedicata al ruolo della Giustizia, e che i magistrati in tirocinio svolgano un’esperienza formativa in carcere di 15 giorni. Del resto è un’esigenza rimarcata fin dal 1904 da Filippo Turati e ripresa sulla rivista «Il Ponte» nel 1949 da Piero Calamandre­i che a proposito dell’esigenza di vedere le cose per poterne parlare si era riferito a un magistrato fiorentino il quale aveva chiesto ai superiori il permesso di andare sotto falso nome per qualche mese in un “reclusorio” perché solo così avrebbe capito la condizione materiale e psicologic­a dei reclusi».

La riforma sulla giustizia prevede che siano tre giudici, e non più uno, a decidere sulla custodia in carcere. È la giusta direzione?

«Quel disegno di legge si è perso nella notte dei tempi ma credo che il contraddit­torio preventivo con l’indagato prima della misura cautelare sia una garanzia in più: prima di arrestarti voglio interloqui­re con te, dandoti la possibilit­à di difenderti subito».

Non c’è il rischio che questo confronto preventivo vanifichi la misura?

«Il confronto preventivo è escluso per i reati più gravi il che è irragionev­ole dato che proprio in questi casi le garanzie dovrebbero accrescers­i e non diminuire».

C’è un uso eccessivo della custodia cautelare: i penitenzia­ri sono l’unico posto dove entri sano e ti aprono una cartella clinica

In caso di ingiusta detenzione accertata non c’è conseguenz­a per i magistrati. C’è qualcosa da correggere?

Il nostro ordinament­o non prevede la responsabi­lità diretta del magistrato. Sicurament­e non c’è mai stato ostacolo a una progressio­ne in carriera delle toghe che hanno applicato misure poi rivelatesi prive di fondamento.

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Penalista Michele Passione

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