Quanti dialoghi d’arte e poesia tra Ungaretti e i suoi amici
Da Tornabuoni l’omaggio al poeta attraverso una selezione di opere di maestri che frequentò. Da scoprire anche due inediti di Dorazio
Era a Parigi Ungaretti quando esplosero le correnti artistiche del cubismo e del futurismo. Non c’era giorno che, arrancando col suo bastone, non si incontrasse ai bistrot con Soffici, Carrà, Marinetti, Picasso e Dorazio. Discutevano d’arte e di poesia, influenzandosi a vicenda, convinti che le due cose coincidessero. Il racconto è affascinante e ricco di prove quello che propone la mostra Pittura e poesia. Ungaretti e l’arte del vedere, a cura di Alexandra Zingone, inaugurata ieri alla Galleria Tornabuoni Arte, sul Lungarno Cellini. Il focus è su Piero Dorazio, con cui Ungaretti, suo mapolare», estro e mentore, ebbe un rapporto privilegiato, una complicità rintracciabile in diverse scritti del poeta dell’Ermetismo come nelle pennellate spavalde del giovane amico e suggellata anche da libri d’artista, come La Luce. Poesie 19141961. Con XIII litografie di Piero Dorazio.
Ed ecco in galleria, quasi gemellati, le due grandi opere di Dorazio: Smagliante e Lyra, quest’ultima recentissimo colpo del gallerista, Roberto Casamonti (proviene da un attico di Brera, a Milano). La mostra già presentata nella sua galleria parigina un anno fa, si arricchisce a Firenze di due opere inedite di Piero Dorazio, Senza titolo, del 1968, realizzata per gli 80 anni del poeta, e Modello e fonte per molti orizzonti (1969), da una collezione privata. I due quadri riportano sul retro della tela una dedica al maestro e amico, «la sua stella
«Vedere l’invisibile nel visibile era una delle aspirazioni del poeta, un grande interprete dell’arte sin dalle prime frequentazioni parigine»
per dirla con la curatrice, attenta studiosa di Ungaretti. Dice: «La pittura circola visibilmente negli scritti del poeta. Vedere l’invisibile nel visibile era una delle massime aspirazioni di Ungaretti che è da considerare un grande interprete dell’arte sin dai primi anni delle sue frequentazioni parigine. Già nel 1933 scriveva un saggio, Poesia e pittura. D’altra parte — conclude Alexandra Zingone — c’è l’impronta dichiarata di Ungaretti nel linguaggio visivo di Dorazio». In Lettera a Bruna, del 1968, Ungaretti scrive di Dorazio «È il pittore più puro d’oggi. Nessuno sa scomporre in infiniti modi la luce nei suoi mille colori perché ridiventi più ai nostri occhi luce, ricomponendosi; ridiventi il miracolo maggiore cioè dell’universo». Il periodo parigino la mostra lo racconta generosamente. Al piano superiore l’occhio cade su Tasse et paquet de tabac (1922) di Picasso. Proseguendo nelle due sale incontri Modigliani con Giovane seduta (1905); Giacomo Balla, Luce nella luce (1928); Gino Severini, Il balcone ( 1930).
«De Chirico l’ho conosciuto dopo la guerra, ma sono forse stato il primo italiano a conoscere direttamente le sue Piazze scoperte con stupore da Apollinaire al Salon des Indé pendants, che le portò ai sette cieli» racconta Ungaretti in un ricordo biografico e, in questa esposizione, troviamo Piazza d’Italia del 1955. Il percorso si fa più ricco con Carrà, Rosai e Capogrossi. «Burri lo amo — diceva Ungaretti — è la principale causa d’invidia: è d’oggi il primo poeta». La mostra, aperta fino al 12 luglio, è corredata da un piccolo catalogo edito da Forma Edizioni.