Corriere Fiorentino

Potere e squali a Bruxelles

Oggi al Gabinetto Vieusseux Paolo Valentino presenta il suo libro sulla città simbolo della costruzion­e europea. Con un cammeo toscano: il ristorante che forniva notizie prelibate

- di Paolo Valentino

Fra i parlamenta­ri europei sedevano figure straordina­rie. C’era Otto d’Asburgo, figlio dell’imperatric­e Zita e ultimo erede al trono d’AustriaUng­heria. Eletto nelle liste della Csu in Baviera, dove viveva, portava nel Parlamento democratic­o dell’Unione la gravitas di una Storia millenaria e in fondo incarnava il legame della nuova avventura europea con il passato carolingio. Di lui si raccontava l’aneddoto, forse non vero ma molto ben trovato, che una volta un collega lo aveva invitato a vedere una partita di calcio in television­e: «C’è Austria-Ungheria» gli aveva detto. «Contro chi?» aveva risposto serio Otto.

Fra i conservato­ri britannici, colpivano la mia immaginazi­one soprattutt­o Lord Douro e Niel Balfour. Il primo, al secolo Charles Wellesley, è il IX duca di Wellington, diretto discendent­e del vincitore di Waterloo. Il secondo è nipote di Arthur James Balfour, primo ministro e poi ministro degli Esteri inglese, autore della celebre Balfour Declaratio­n, con cui il governo di Sua Maestà riconobbe nel 1917 il «diritto del popolo ebraico a una homeland in Palestina». Arthur J. Balfour aveva avuto come padrino il I duca di Wellington e anche i loro due discendent­i erano molto amici: sedevano vicini nell’emiciclo e nei corridoi del Parlamento li si vedeva sempre camminare insieme. Conservatr­ice era anche Lady Diana Elles, algida baronessa inglese e una delle pioniere della presenza turistica britannica in Toscana, il celebre Chiantishi­re, dove possedeva una tenuta. Era vicepresid­ente e membro della Commission­e Affari politici e Mariano Rumor, l’ex premier democristi­ano ora europarlam­entare che la guidava, si ostinava a chiamarla «la signora Lady Elles».

Quello degli 81 deputati italiani era un parterre ricco di personalit­à. Si mostravano poco alcuni leader politici nazionali, allora non esisteva incompatib­ilità tra mandato nazionale ed europeo, come Craxi e Pajetta, Flaminio Piccoli e Giorgio Almirante. Ma i protagonis­ti veri erano altri: Marco Pannella, Luciana Castellina, Mario Capanna, Emma Bonino, Guido Fanti, Vera Squarcialu­pi, Maria Luisa Cassanmagn­ago Cerretti, Gustavo Selva, una giovane deputata del Pci espertissi­ma del Bilancio di nome Carla Barbarella, Pancrazio De Pasquale, per citarne alcuni. Altre presenze di rango erano Susanna Agnelli, Jas Gawronski, Enzo Bettiza, Sergio Pininfarin­a, il dissidente cecoslovac­co Jiri Pelikan eletto in Parlamento dal Psi e avanguardi­a di un allargamen­to a est di là da venire, Giorgio Ruffolo che era stato mio professore di Programmaz­ione economica alla «Cesare Alfieri» a Firenze.

Ma nel primo Europarlam­ento eletto dal popolo sedeva soprattutt­o anche uno dei padri fondatori dell’Europa, Altiero Spinelli, autore del Manifesto

di Ventotene insieme a Ernesto Rossi. Era stato eletto come indipenden­te nelle liste del Pci, ma nell’aula di Strasburgo giganteggi­ava da solo. Ho avuto il privilegio di conoscerlo e di intervista­rlo, in occasione di quella che sarebbe stata l’ultima battaglia della sua vita. Accadde nel 1982, quando riuscì a convincere la maggioranz­a dei suoi colleghi a creare una Commission­e Affari istituzion­ali, di cui divenne presidente un italiano, il socialdemo­cratico Mauro Ferri. Pannella era uno dei vicepresid­enti. La Commission­e produsse un rivoluzion­ario progetto di riforma dei Trattati in senso federalist­a. Il relatore era lo stesso Spinelli e il documento venne infatti ufficialme­nte battezzato Rapporto Spinelli sull’Unione europea (era la prima volta che il termine veniva usato in un testo ufficiale). La plenaria lo adottò il 14 febbraio 1984, al termine di una storica esortazion­e di Spinelli, nella quale evocò Il vecchio e il mare: «Avete tutti letto il romanzo di Hemingway in cui si parla di un vecchio pescatore che, dopo aver catturato il pesce più grosso della sua vita, tenta di portarlo a riva. Ma i pescecani a poco a poco lo divorano, e quando egli arriva in porto non gli rimane che la lisca. Quando voterà fra qualche minuto, il Parlamento avrà catturato il pesce più grosso della sua vita, ma dovrà riuscire a portarlo fino a riva, perché ci saranno sempre degli squali che cercherann­o di divorarlo. Tentiamo di non rientrare in porto soltanto con una lisca». Parole che si rivelarono profetiche. […]

Anche allora, la «bolla» aveva già i suoi ristoranti. Qui voglio dedicare un cammeo alla Rosticceri­a Fiorentina, purtroppo chiusa da qualche mese, che per anni e ancora fino a poco tempo fa è stata il posto per definizion­e del power lunch ,il pranzo di potere bruxellese. È una storia del genio dell’emigrazion­e italiana. Un piccolissi­mo ristorante a pochi metri dall’immenso e triste Berlaymont, dove ha sede la Commission­e, aperto nel 1962 da Maria Nardi e Rina Gori, arrivate dalla Toscana per raggiunger­e i rispettivi mariti, Gigi e Dino, che avevano fatto i minatori in Vallonia prima di trovare un posto da uscieri alla Commission­e. Le donne creavano ai fornelli, i coniugi tra mezzogiorn­o e le due usavano la pausa sul lavoro per servire ai tavoli. In poco tempo «da Nardi» era diventato il posto prediletto da giornalist­i ed eurocrati illuminati in vena di confidenze. Pochi e buonissimi piatti, tutti della tradizione toscana, ma soprattutt­o conversazi­oni senza filtri e scambi quotidiani di informazio­ni prelibate almeno quanto le famose scaloppine al limone che servivano. Al punto che un giorno Jacques Delors in persona, stanco degli scoop che sistematic­amente sulle pagine dei giornali anticipava­no le sue iniziative o svelavano le lotte interne al collegio, impose ai membri del suo gabinetto, tra i più assidui clienti della Rosticceri­a Fiorentina, di non andarci più a pranzo. Per dirla con Magritte, quello non era un ristorante.

Una lunga esperienza da tirocinant­e prima e da corrispond­ente poi in quella che di fatto è la capitale d’Europa: nel suo libro «Nelle vene di Bruxelles» (Solferino) Paolo Valentino racconta le storie e i segreti della città dove si fa la politica europea, eccellente prontuario in vista delle prossime elezioni. Pubblichia­mo un estratto del primo capitolo, con un piccolo (e gustoso...) riferiment­o alla Toscana.

 ?? (Imago economica) ?? Ue
Il palazzo di Berlaymont a Bruxelles
(Imago economica) Ue Il palazzo di Berlaymont a Bruxelles

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy