«Il poker, le donne e mille paia di scarpe»
Riccardo Grande Stevens, figlio di Franzo: mai stato intelligente come mio padre
Riccardo Grande Stevens. Il cognome rimanda subito alla sua famiglia, con il padre Franzo avvocato di Gianni Agnelli. «Non sono mai stato intelligente come mio padre o come mio nonno — racconta — ma lo sono sempre sembrato di più di quanto in realtà lo fossi. Perché mi avevano allenato bene». A lui piaceva comprare e vendere: la finanza. La passione per i mercati nacque per caso, sui banchi della sezione A del D’azeglio: «A tredici anni sono diventato un giocatore di poker. Una volta raccontai a dei promotori finanziari che uno degli insegnamenti più importanti per il mio lavoro è certamente stato il poker. Succede come in finanza: alla fine è il migliore a vincere. L’idea paga sempre. Bisogna solo lasciare che abbia il tempo giusto di svilupparsi. L’errore più grande che si fa oggi è proprio questo». Una vita densa di emozioni: la passione per le scarpe (in casa ne ha mille paia), il suo rapporto con Torino. E i torinesi.
«Non sono mai stato intelligente come mio padre o come mio nonno. Ma lo sono sempre sembrato di più di quanto in realtà lo fossi. Perché mi avevano allenato bene».
Riccardo Grande Stevens non rientra in quel genere di «figli di» crucciati dal senso d’inadeguatezza rispetto ai propri padri. E il suo è uno che «È stato presidente di tutto», che si è fatto da solo e che «Mi ha trasmesso dei valori importanti. È stato un vero punto di riferimento insieme a mio nonno (il Professor Greco, che fu preside dell’università Bocconi ndr). Se uno dovesse lamentarsi perché è figlio di un grande personaggio cosa dovrebbero fare quelli che sono figli di delinquenti? Non mi sembrerebbe intelligente». Giurisprudenza non l’ha mai terminata: «Non mi è mai piaciuta l’idea di entrare in studio e fare l’avvocato». A quattro anni leggeva, scriveva e parlava francese: «Sono cresciuto in una famiglia di intellettuali che non chiacchieravano mai di calcio ma sempre di matematica, geografia e storia. A sedici anni però il risultato fu che non avevo più voglia di aprire un libro. Sarei stato più bravo se mi avessero messo a lavorare in un banco al mercato. Ognuno ha la sua predisposizione. Ho usato gli strumenti che mi erano stati dati per rendere nella professione che ho scelto.
Famiglia illustre
Mai stato intelligente come mio padre o come mio nonno. Ma lo sono sempre sembrato di più di quanto in realtà lo fossi. Perché mi avevano allenato bene
Gli anni a Courmayeur
Sciavo e facevo roccia, ci torno quando posso La gente di montagna è più semplice, magari meno fine dei torinesi ma ha ancora dei valori che qui ci siamo scordati