Aggiungi un posto a tavola che c’è la signora Tivù
Fenomenologia del televisore acceso. Un mio amico mi ha appena raccontato che il giorno di Pasquetta — naturalmente pioveva come da tradizione — è stato a un pranzetto da amici in campagna. Bene, casetta romita nella boscosa Val Brembana, la provinciale lontanissima, quiete e bellezza. E la televisione accesa a palla sul più noto canale hit parade nazionale. Così, mi riferiva affranto l’amico, fra una secchiellata di polenta taragna e un’altra, giù di Lady Gaga avvinta a Bradley Cooper, Mahamood che vuole soldi, soldi, soldi, quei tre tenorini canterini e la Pausini che grida che la sentono fino a Zingonia. Che a uno la musica piace(rebbe) anche, ma scegliendola, orario e volume. «Vuoi ancora un sorso di Valcalepio?», «Ehhhh?», «Ti ho chiesto se vuoi ancora del vino», «Cosaaaaaa?».
Stessa situazione a me in una diruta cascinotta langhetta dove l’acqua la tirano ancora su dal pozzo, il cessetto è fuori vicino alla stalla delle capre, ma la tele quella c’è, sempre accesa, sempre: «Prendi l’insalata russa?», «Scusaaaaa?», «Preferisci il vitel tonné?», «Parla più forte, non capisco». «E certo, c’è la televisione accesa», «Abbassiamo un po’?». Così ti guardano con una smorfietta come a dire: questo non è un posto per vecchi.
Se poi ti capita una pizzeria metti a Camerana, a Borgomanero, a San Damiano d’asti, ovunque, sei lì che ponzi fra quella al gorgonzola e pere (buona, ma poi vedi domani) e quella peperoncino, salama calabra e uovo fritto (poi ti porto al Pronto Soccorso di Ceva, stai tranquilli, guido io), ecco che Mentana ti sega la testa, Cattelan ti tortura il duodeno, la Bertè ti scuote la milza.
Poi tutti abbiamo una vecchia zia, un suocera centenaria, una cugina incartapecorita che «L’ispettore Barnaby» lo vogliono ascoltare finché la casa trema, che «C’è posta per te» alza che la De Filippi con quella voce che sembra un maresciallo dei carabinieri non si capisce niente. L’apoteosi è naturalmente Sanremo, anzi l’eurovision dove urlano anche in slovacco, in armeno, in danese, che belle canzoni, non è che le parole si capiscano granché, però. Sul Primo c’è Albano (e uno va a farsi un giretto in giardino ma Albano ti rintrona anche lì), gira su Canale 5 che c’è uno speciale su Donatella Rettore (lei e il suo serpente dell’accidenti), su Rtl — immancabile — il nuovo video di Madonna che poverina le è andata un po’ giù la voce, ma alzando si sente meglio. Alza, alza, alza. Chiedi anche alla nonna — almeno cenando — se si può abbassare un po’, se non spegnere del tutto e lei ti guarda accondiscendente come Maria Antonietta sul patibolo: «Se proprio vuoi». Maledetto horror vacui, maledette riunioni oceaniche (santo subito, santo subito!!!), stramaledetti telegiornali dove si sussurra — che coraggio — che il vicepremier A ha dato dello smidollato al vicepremier B che gli ha risposto che si guardi lui e i suoi scagnozzi, eccheccazzo! Se poi s’incappa (ogni sera s’incappa a canali unificati) in quel noto storico dell’arte che schiamazza per qualsiasi cosa, ma proprio qualsiasi (la carta igienica era un falso d’epoca, Pompei crolla perché i soprintendenti sono delle capre e le soprintendenti delle galline), be’. Maledetta Torino, città notoriamente malefica che l’ha inventata lei la Tv. Evviva quel celebre slogan di apparecchi acustici: «Sordo? Felice!».