QUEL ROMANZO CHE DE AMICIS NON PUBBLICÒ
Aleggere le polemiche di questi giorni sul Primo Maggio torinese, verrebbe da dire che fu preveggente Edmondo De Amicis, autore di un romanzo d’intonazione socialista intitolato proprio Primo maggio, a decidere, dopo averci lavorato per anni, di non procedere con la pubblicazione. Eppure, il libro sarebbe dovuto essere una pietra miliare nell’evoluzione ideale di De Amicis, che con quell’opera si faceva banditore delle idee socialiste nel momento in cui la città in cui abitava, Torino, stava vivendo la propria rivoluzione industriale.
Già, perché il romanzo era anche una sorta di omaggio alla città operaia che Torino stava diventando e che sembrava incarnare comportamenti e valori del nascente movimento socialista. Pubblicato postumo solo nel 1980, «Primo Maggio» si apre e si chiude con la manifestazione che celebra la mobilitazione collettiva dei lavoratori di tutto il mondo e che allora, quando non era ancora autorizzata, si svolgeva nello scenario urbano di piazza Statuto, verso cui convergevano gli operai da via Cibrario, da via San Donato e dall’asse della ferrovia per Milano. Tuttavia, dopo aver a lungo rimaneggiato il suo testo, De Amicis, insoddisfatto, non volle più darlo alle stampe, privando così Torino di una sorta di primogenitura letteraria del Primo Maggio. Eppure, negli anni Novanta dell’ottocento, gli argomenti per fare di Torino la capitale italiana del lavoro non mancavano. Sembrano invece venir meno oggi, quando si stenta a trovare il bandolo della matassa per la festa di oggi. Anzitutto, perché si fa fatica a festeggiare un lavoro che non c’è o non c’è a sufficienza e, quando c’è, pare lasciar insoddisfatti molti. E poi perché, quando non si riesce a definire bene il lavoro, che è diventato un arcipelago tremendamente frammentato, non si sa nemmeno più come celebrarlo: parlando del lavoro «nuovo»? Ma quale? Quello di qualità che si vorrebbe, ma è disponibile in quantità insufficiente? O invece di quello senza qualità, generato dalla gig economy, di cui ce n’è fin troppo? In alternativa, si potrebbe anche fare l’elogio del blocco industrialista, ma così si può finire con lo schierare assieme sindacati e Confindustria, come emerso in Emilia, dove tale blocco possiede già una qualche consistenza. In questo modo, però, si smarriscono i caratteri storici della manifestazione. Intanto ci pensano i candidati alle elezioni regionali, i fautori della Tav e i loro antagonisti No Tav ad appropriarsi del Primo Maggio, col rischio di trasformarla in un’arena rissosa. Forse non aveva torto De Amicis che già allora rinunciò al suo Primo Maggio e lo chiuse nel cassetto.