Quel sì a Torino capitale (della cultura europea)
Sul «Corriere» di ieri ho letto con piacere — e con un pizzico di personale soddisfazione — la bella notizia contenuta nell’intervento del consigliere Massimo Giovara, presidente della Commissione cultura e assessoreombra alla Cultura medesima.
A dire il vero la notizia, come è scusabile in chi non è giornalista, era un po’ nascosta,
confinata nelle ultime righe, laddove Giovara auspica «la costruzione di una road map condivisa e apartitica nei due passaggi di candidatura di Torino a capitale della Cultura Italiana ed Europea». Colpo di scena: è ufficiale, Torino si candiderà a Capitale europea della Cultura. Wow.
Finora lorsignori avevano limitato le loro ambizioni al banale titolo di «Capitale italiana» nel 2021, just in time per le prossime elezioni comunali.
Adesso, per la prima volta a mia memoria, un illustre esponente dell’amministrazione civica ci conferma invece l’intenzione di concorrere al ben più prestigioso ruolo di Capitale europea che quest’anno è egregiamente ricoperto da Matera, e che sarà di nuovo assegnato a una città italiana soltanto nel 2033.
Non mi stancherò di ripeterlo: «Capitale italiana della Cultura» è un riconoscimento che frutta pochi soldi (una milionata di finanziamento statale, giusto per finanziare un paio di mostre o qualche convegno) e ancor meno visibilità, e ogni anno va a città medio-piccole tipo Mantova, Ravenna, Pistoia: per quest’anno ci ha provato pure Settimo Torinese, ma alla fine ha vinto Palermo. A proposito, chi di voi sapeva che Palermo è Capitale italiana della Cultura 2019? Nel
2020 toccherà a Parma, che ha battuto Agrigento, Bitonto, Casale Monferrato, Macerata, Merano, Nuoro, Piacenza, Reggio Emilia e Treviso. Ho reso l’idea? Tutt’altra faccenda è la «Capitale europea»: è un potente volano per il turismo e garantisce un budget importante dallo Stato (Matera ha ottenuto più di 50 milioni) oltre a generare investimenti diretti che, per la Città dei Sassi, si stimano in oltre
400 milioni. Quindi, già lo scorso luglio avevo suggerito di lasciar perdere le povere ambizioni di Capitale italiana e puntare al titolo europeo. Ovviamente lì per lì lorsignori non avevano fatto un plissé. Poi, pian piano, si sono rianimati. Hanno i loro tempi, povere stelle. A metà gennaio un primo segnale di vita su Marte giunge dalla minoranza consiliare, che presenta una mozione unitaria per sollecitare l’impegno della Giunta alla candidatura europea. Ovvia la reazione degli altri: sì vabbè, può starci, ma prima viene la Capitale italiana 2021, e il Pd deve fare autocritica, e non può dettare l’agenda culturale della città... Eccetera eccetera. Morale: sono trascorsi quattro mesi da quel dì, e la mozione non è mai arrivata all’esame della competente Commissione. La Commissione presieduta da Giovara in persona.
Va da sé che il primo firmatario della mozione, il piddino Lo Russo, sospetti che Giovara faccia apposta a non portarla in discussione per non offrire agli avversari un assist preelettorale. Ma è un ingeneroso sospetto: in realtà Giovara ci stava soltanto pensando su. Pensa che ti ripensa, il presidente e assessoreombra deve aver concluso che è davvero un’ideona. Torino Capitale europea della Cultura: un progetto degno di una grande città, orgogliosa e unita. E così, prendendo tutti in contropiede, ieri ha dato l’annuncio. Tutto bene quel che finisce bene. Dopo le elezioni si spera che i ragazzi mettano la testa a posto (a partito magari anche no) e anziché giocare a rinfaccìno si diano da fare, insieme, per immaginare un nuovo obiettivo per Torino. Obiettivo che, essendo fissato al 2033, non porterà alcun vantaggio politico agli attuali occupanti delle cadreghe; ma che di vantaggi ne porterebbe tanti, e d’ogni genere, alla città. Giustificando così, per una volta almeno, l’occupazione delle cadreghe da parte degli attuali occupanti. Mi permetto tuttavia un sommesso suggerimento. Se davvero puntate al titolo di Capitale europea, lasciate perdere la Capitale italiana. Non si gioca per vincere, insieme, il campionato di Serie C e la Champions.