Martorana, stilista juventino «Il mio derby è quello di Pirlo»
Alessandro Martorana, stilista, tifa Juve e veste i suoi campioni «A 8 anni avevo pantaloni pied de poule... bianconeri Ho fatto un abito per Iago, ma ricordo il derby di Pirlo»
L’abito fa il monaco, il vescovo e anche il derby, dice Alessandro Martorana, 45 anni — «stilista, non sarto, come dico ai miei sarti, loro sì bravi» — partito da un negozietto di Moncalieri e finito a vestire le star, pure del pallone. Fa abiti su misura, e per Juve-toro ne sceglierebbe «uno formale, perché il derby è il derby, anche se abbiamo già vinto lo scudetto». E pure se, da tifosissimo bianconero, la sua divisa la scelse ad anni 8: «Papà mi portò allo stadio con i pantaloni di pied de poule, bianconeri, tant’è che dissi: “Mi hai messo quelli della Juve”. Vincemmo 2-0».
Alessandro Martorana, quale è il «suo» derby?
«A parte il primo che vidi, a otto anni, dico quello con il gol di Pirlo, al minuto 93 e 40 secondi. Stavo per andare via,
quando il fratello di Bernardo Corradi mi disse: “Guarda che si vince”».
La Juve del cuore?
«Più ancora della prima, degli anni Ottanta, la mia è stata quella di Vialli, Deschamps, Paulo Sousa». Questa dove la mette? «Nella storia, come un po’ dobbiamo sentirci tutti: testimoni di otto scudetti di fila. Chi l’avrebbe detto?»
Quella del ‘96 vinse la Champions, questa no.
«La baratterei per altri due scudetti: voglio vincerne dieci di fila».
Mai fatto un vestito per un granata?
«Sì. Uno dei primi fu Pancaro, nel 2007. E adesso Iago Falque. Certo, sono più gli juventini».
Il più elegante?
«Alex Del Piero, il primo cui feci l’abito: 13 anni fa venne a Moncalieri, nel mio atelier di trenta metri quadrati». E adesso?
«Marchisio, che è come un fratello minore. Zebina era uno molto elegante. Ma anche Barzagli, Khedira, Dybala. E Pirlo, ovviamente».
Perché ovviamente? «Perché l’abito fa il monaco, il vescovo e l’arcivescovo. Ci faccia caso: chi è elegante sul campo, lo è anche fuori».
Com’è messo il mondo del calcio ad eleganza?
(sorride). «Adesso, meglio, dopo t-shirt e jeans strappati, la moda alla Bobo Vieri».
Però mise lo smoking anche a lui.
«Senza, non sarebbe entrato alla mia festa».
Lei gioca anche all’estero? «Sono di ritorno dalla Spagna, dove sono andato anche per alcuni giocatori: Boateng e Umtiti. E a quelli bravi dico sempre: “Vieni alla Juve?”. Lo feci anche con Ozil».
E loro?
«Ultimamente, in due mi hanno risposto di sì, ma i nomi non posso farli».
«La mia missione è rendere il cliente la versione migliore di se stesso», ha detto: Allegri riesce a far lo stesso con i giocatori?
«Vedendo i risultati in Italia, direi di sì. Lo conosco, ed è un grande».
Perché va meno di moda in Europa?
«La Champions è come andare alle sfilate di Parigi: ci sono Chanel, Dior, è più difficile».
Lo terrebbe?
«Sì. Rispecchia bene l’immagine dell’allenatore, che è anche un gestore di persone». Pure lì conta l’abito?
«Beh, certo. Mai andare in tuta. Il tecnico è come l’ad di un’azienda: la rappresenta».
Durante la conferenza stampa di Cristiano Ronaldo, su twitter scrisse: «so che voi altri…state soffrendo».
«Detesto le offese e gli insulti, ma le prese in giro ci stanno».
Di Bergomi disse: «interismo e tristezza»: carino?
«A noi ci hanno mandato in B, dopo una farsa, e siamo tornati. Quindi, smettiamola con certe polemiche».
Varriale, della Rai, l’ha bloccata: che ha combinato?
«Dopo un 4-0 della Juve, scrisse che forse c’era un rigore. Risposi: “Hai rotto i coglioni”».
CR7 che abito è?
«Uno smoking: ogni volta che gioca, è una grande occasione».