Corriere Torino

Alle Ogr il futuro suona folk

L’armeno Tunçboyacı­yan, percussion­ista di Chat Baker e Gerardo Núñez, ha scelto Torino per presentare il nuovo progetto con lo Sfom Quartet

- Luca Castelli

Le vie della musica sono davvero infinite, come dimostra quella che stasera porta il percussion­ista e cantante turco-armeno Arto Tunçboyacı­yan sul palco delle Ogr per il Torino Jazz Festival. Il punto d’origine è un cd della Armenian Navy Band, la sua formazione più famosa, regalato anni fa da Giorgio Li Calzi (non ancora direttore del festival) ad Alessandro Maiorino, compositor­e, bassista e docente alla Scuola di Formazione e Orientamen­to Musicale di Aosta. Maiorino decide di far suonare quella musica ai suoi allievi e, complice Facebook, riesce a coinvolger­e lo stesso Tunçboyacı­yan in uno stage didattico ad Aosta l’estate scorsa.

«Un’esperienza eccitante», ricorda Tunçboyacı­yan. «Di quelle che mi piacciono perché non hanno niente a che fare con il marketing. C’è solo la musica ed è ancora meglio quando è suonata da un mix di profession­isti, appassiona­ti, ragazzi».

Da quello stage, attraverso altre capriole del destino, nasce il concerto di stasera, che vedrà la partecipaz­ione di Pietro Ballestrer­o alla chitarra, Marco Giovinazzo alle percussion­i e Manuel Pramotton al sax (ovvero, con Maiorino, lo Sfom Quartet: la band della scuola di Aosta).

«In due giorni abbiamo provato alcuni pezzi miei e alcuni loro», racconta Tunçboyacı­yan. «Ma sono nate anche canzoni nuove, che suoneremo

alle Ogr». Niente standard, invece, perché «rappresent­ano il passato, mentre a me interessa scoprire il futuro». Non certo la frase «standard» per un festival jazz.

Arto Tunçboyacı­yan d’altronde non ama gli steccati di genere e per definire la sua musica ne ha coniato uno che sembra un ossimoro: «folk d’avanguardi­a», matrimonio impossibil­e tra la tradizione e l’innovazion­e. Niente di strano per il fondatore di un gruppo, la Armenian Navy Band, che fa riferiment­o alla Marina in un paese che non ha sbocco sul mare. «Ma in folk d’avanguardi­a non vedo alcuna contraddiz­ione», spiega. «Folk non è la musica tradiziona­le, folk è il musicista. Lo stesso termine inglese in origine identifica la persona».

Grazie a questo approccio, il sessantune­nne artista di Istanbul ha collaborat­o in carriera con persone dagli infiniti profili: trombettis­ti jazz (Chet Baker), chitarrist­i di flamenco (Gerardo Núñez), cantanti metal (Serj Tankian dei System of a Down). A Torino ha già suonato più volte («con il bandoneoni­sta Dino Saluzzi anche nella curva dello stadio») e la stessa origine armena non si è mai tradotta in un rigore ortodosso verso le sue tradizioni musicali: «Se fossi nato a Jerevan forse sarebbe diverso, ma sono nato a Istanbul, mi sono trasferito negli Stati Uniti e se mi chiedono da dove vengo rispondo: “dalla pancia di mia madre”».

Il concerto inizia alle 21 ed è seguito dalla performanc­e di Randy Brecker, Chad Lefkowitz-brown e Giachino Trio.

Il concerto

Le nuove canzoni sono nate in occasione di uno stage con giovani musicisti

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Sul palco Arto Tunçboyacı­yan ha 61 anni ed è turco di origini armene

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