Al Salone tutto è antifascista
Il blitz di Polacchi (Altaforte) non turba l’inaugurazione. Mattarella ricorda Levi
Quello che si è aperto ieri al Lingotto si può considerare un Salone del Libro «defascistizzato». È stata l’esclusione dell’editore di Casapound, Altaforte, ad aver risvegliato gli animi antifascisti sia di molti visitatori sia di alcuni editori presenti in fiera.
I cartelli
Scritte come «La Costituzione italiana vieta la ricostituzione, sotto qualsiasi forma, del partito fascista», oppure «Meglio tardi che mai, via i fascisti», stampate su fogli A4, sono state portate tra gli stand da diverse persone. Poi si sono aggiunti i banner di Eris Edizioni, con lo slogan «editoria antifascista», comparsi qua e là e anche sullo zaino di Christian Raimo. Per l’ex consulente di Nicola Lagioia tutto è cominciato da un ministro, Matteo Salvini, che ha deciso di «rilasciare un’intervista a una casa editrice di neofascisti, un assurdo impensabile».
Il ministro
E sulla decisione, sulla «defascistizzazione» del Salone, si è espresso anche il ministro dei Beni culturali, Alberto Bonisoli, che ieri mattina ha inaugurato la fiera dopo un lungo giro tra gli stand. «Io sono assolutamente d’accordo — ha commentato — con le scelte che sono state fatte insieme, perché quando si fa politica si tratta anche di scegliere. Sono state dette delle cose gravi e non si può fare finta di nulla». Ma Bonisoli ha anche sottolineato il momento attraversato dal Salone «che supera una fase di difficoltà». Il suo riferimento era alle vicissitudini legate al marchio, alla liquidazione della Fondazione per il Libro e alla corsa forsennata per organizzare questa edizione a tempo di record.
L’apertura
Un’edizione che ieri è stata aperta dal filosofo spagnolo Fernando Savater, che ha parlato di Europa e di identità culturale europea, e dai genitori di Giulio Regeni, insieme al loro avvocato, Alessandra Ballerini, che hanno chiesto ancora una volta verità sull’omicidio del giovane ricercatore. Ma nella Sala Oro, dopo gli interventi delle istituzioni, ha parlato anche Halina Birenbaum, sopravvissuta ad Auschwitz e vero motore del meccanismo che ha portato all’esclusione di Altaforte. Ed è intervenuto anche il notaio Giulio Biino, presidente del Circolo dei Lettori, che ha chiarito un concetto già espresso. «Sono un uomo di norme — ha detto, parlando dell’esclusione dell’editore di Casa Pound — e forzarle per me è faticoso, ma ho pensato ad Antigone, quando dice che ci sono delle leggi morali non scritte che superano qualunque legge scritta. Credo che oggi abbiamo sentito tutti Antigone parlare forte».
Altaforte
Ma mentre in una Sala Oro gremita Halina Birenbaum ricordava l’orrore nazista, al
l’esterno è arrivato Francesco Polacchi. Il fondatore di Altaforte ha attaccato il Salone, parlando di «un atto gravissimo di censura». Per il quale ha già minacciato una denuncia che ancora non preoccupa gli organizzatori, che hanno comunque le istituzioni al loro fianco, come ha ripetuto ieri la sindaca Chiara Appendino. «Faremo una conferenza sabato mattina — ha spiegato Polacchi — per presentare il libro di Altaforte (l’intervista di Chiara Giannini a Matteo Salvini, che ha fatto scoppiare il caso, ndr). Ci sarà l’autrice e le porte saranno aperte agli ultimi eretici del libero pensiero, come Feltri, Belpietro, Sallusti, Sgarbi, Mughini, Sansonetti e Gervasoni». Intanto il libro, uscito ieri, sarebbe già esaurito.
Casapound
E sulla vicenda di Altaforte è intervenuto anche Simone Di Stefano, presidente di Casapound, a Torino per un comizio elettorale. «È una sconfitta per tutto quel mondo che vuole essere la cultura italiana, ma che però non può esserlo se esclude qualcuno a priori». Secondo Di Stefano, «Il reato di apologia di fascismo si configura quando qualcuno cerca di sovvertire l’ordine democratico della nazione. Non è il caso di Casapound, né di Polacchi: non c’è nessuno che vuole sovvertire nulla».
Gli altri
L’editore Francesco Giubilei, fondatore di Historica, ieri ha denunciato insulti e minacce sui social dopo la pubblicazione di una sua foto al Salone. In una nota, Giubilei ha indicato come fattore scatenante il post di Christian Raimo, poi cancellato, che la scorsa settimana lo indicava tra i soggetti editoriali che promuovono posizioni sovraniste o vicine al neofascismo, insieme ad Altaforte e ad altri. Un post che ha scatenato l’intera polemica che ha portato alle dimissioni di Raimo da consulente del Salone.
Mattarella
A riportare il dibattito su uno dei temi principali di questa edizione, il centenario dalla nascita di Primo Levi, ci ha pensato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che in una lettera ha ricordato la sua figura di uomo e scrittore, sopravvissuto ad Auschwitz. «I valori che Primo Levi ha vissuto e trasmesso — ha scritto —, specialmente la necessità di non dimenticare ciò che è avvenuto negli anni della Seconda guerra mondiale come tragica conseguenza del disprezzo dei diritti di ogni persona, costituiscono la base fondamentale per una società pacificata e una rispettosa convivenza sociale».