«Assurdi i tagli di personale» a Palazzo di città sciopero vicino
Per ora si tratta di una minaccia, ma i quasi diecimila dipendenti del Comune appaiono determinati. Pronti a passare dalle parole ai fatti e alla proclamazione di quello che finirebbe per essere il primo sciopero dei «comunali» contro la sindaca Appendino e la sua giunta. Nel mirino la «cura dimagrante» a cui verranno sottoposti gli uffici civici nei prossimi tre anni: fino a scendere nel 2022 a 7.500.
Per ora si tratta di una minaccia, ma i quasi diecimila dipendenti del Comune appaiono determinati. Pronti a passare dalle parole ai fatti e alla proclamazione di quello che finirebbe per essere il primo sciopero dei «comunali» contro la sindaca Appendino e la sua giunta. Nel mirino dei lavoratori c’è quella che il direttore finanziario di Palazzo Civico, Paolo Lubbia, ha definito la «cura dimagrante» a cui verranno sottoposti gli uffici civici nei prossimi tre anni. Tagli alle spese per il personale e, di conseguenza, riduzione del turnover al minimo, nonostante i numerosi pensionamenti: fino a scendere entro il 2022 a quota 7.500 dipendenti, duemila in meno rispetto ai numeri attuali. «Un teorema inaccettabile, sbagliato e
dannoso», secondo i lavoratori che ieri si sono riuniti in assemblea, al palazzetto dello sport del Parco Ruffini, per approvare un ordine del giorno che fa presagire, con la proclamazione dello stato di agitazione, l’indizione dello sciopero. Prima ci sarà, come di rito, il tentativo di conciliazione in prefettura, ma se questo non andrà a buon fine e l’amministratore non rivedrà al rialzo l’attuale piano assunzioni, «attiveremo nuove forme di lotta — si legge nel documento dell’assemblea convocata da Cgil, Cisl e Uil — a partire dalla dichiarazione di sciopero». Per i dipendenti è «inaccettabile» un’ulteriore decrescita del personale. «C’è già stata una riduzione del 20 per cento dal 2011 ad oggi — lamentano —. E ora se ne prospetta un’altra del 16 per cento. Il rapporto numerico tra cittadini e dipendenti comunali è di 1 a 98, già oggi più elevato di quanto stabilisce la legge per gli enti in dissesto (1 a 84)». Torino non è in dissesto, però: la sindaca ha scelto di evitarlo, imponendo nel 2018 un piano lacrime e sangue, replicato per via dei tagli del governo in teoria «amico» anche nel 2019. Eppure, sottolineano i lavoratori, che chiedono più assunzioni, ora si vuole scendere, «a un rapporto di un dipendente ogni 117 torinesi». «Questo vorrà dire — concludono — rendere i servizi ingestibili. Questa “cura dimagrante” raggiungerà l’obiettivo di curare il malato uccidendolo».