Corriere Torino

Commercio, la crisi cancella due negozi ogni giorno

Inchiesta del Corriere in sette tappe per raccontare il degrado che soffoca Torino: oggi la terza puntata

- Di Lorenza Castagneri

Il caro affitti, i cantieri e la chiusura delle strade al traffico delle auto a favore dei mezzi pubblici. E, ancora, c’è un altro aspetto tutto torinese. La desertific­azione di certi quartieri unita all’invecchiam­ento della popolazion­e che non aiuta il commercio, come a Mirafiori o a Parrella. È un brutto momento per il commercio di vicinato in città: ogni giorno spariscono due negozi. «E se nel 2020 partirà la Ztl allargata — dicono i commercian­ti costretti a chiudere — in due anni il centro di Torino si avvierà a diventare un deserto».

«Dopo 21 anni dico basta. A ottobre chiudo. Mi riciclerò in un altro settore». Ma Monica Martinelli non parla con l’energia di chi non vede l’ora di iniziare una nuova sfida. La sua avventura più grande è stata il negozio per donna e bambino che ha aperto 21 anni fa in via San Francesco d’assisi, progetto per cui ha sacrificat­o la famiglia, facendolo crescere come se fosse un bambino. E che adesso ha deciso di abbandonar­e anche se è l’ultima cosa che avrebbe mai pensato potesse accadere. Sulla decisione ha pesato l’addio di molti uffici importanti, a partire dai tribunali, al centro di Torino. Il passaggio si è ridotto. E dulcis in fundo, a giugno, Monica e colleghi si sono trovati la strada transennat­a per la sostituzio­ne dei binari del tram, un cantiere che ha tagliato gli incassi della metà. Un tormento continuo. Così anche altri due negozianti della via hanno deciso di tirare giù la serranda per sempre a fine anno, altri tre se ne sono già andati da via Monte di Pietà e pure via Alfieri sof

fre. Statistich­e note raccontano che a Torino scompaiono due negozi al giorno.

«E se nel 2020 partirà la Ztl allargata — aggiunge ancora Monica Martinelli — in due anni il centro diventerà un deserto. Con queste difficoltà e senza negozi storici, la gente andrà altrove». Ma, secondo le associazio­ni, questa non sarebbe che la mazzata finale per il commercio torinese. Per i negozi della città la crisi non è mai finita: dal 2009 al 2018 si sono persi 2.296 punti vendita tra quelli in sede fissa e ambulanti, specie nell’abbigliame­nto. Maria Luisa Coppa, presidente di Ascom, e Giancarlo Banchieri di Confeserce­nti, raccontano le stesse difficoltà: «La gente ha pochi soldi, le leggi agevolano la grande distribuzi­one, i nomi del commercio online pagano tasse risibili».

E poi ci sono il caro affitti, i cantieri e la chiusura delle strade al traffico delle auto a favore dei mezzi pubblici. E, ancora, c’è un altro aspetto tutto torinese. «Cioè la desertific­azione di certi quartieri unita all’invecchiam­ento della popolazion­e che non aiuta il commercio, come a Mirafiori», racconta Banchieri. O come in Borgo Vittoria, zona popolare che Francesco Vergata da quarant’anni guarda dalle vetrine del suo negozio di jeans, «Azzurro» di via Borgaro. «Una volta — racconta vicino alla cassa — chi viveva qui era fortunato. In questa strada trovava tutti i negozi per riempire la dispensa. Ora sono rimaste panetterie e macellerie, ma per il resto sono arrivate cinque immobiliar­i, 4 dentisti, 14 parrucchie­ri. Risultato: si va al supermerca­to che è più comodo».

Oggi in questa lunga strada si contano almeno sette serrande abbassate. È una delle aree che le associazio­ni segnalano come più in crisi, ancora peggio di corso Giulio Cesare e dintorni, perché lì i negozi italiani sono stati sostituiti da quelli degli immigrati. Per Aurora, invece, c’è la speranza che l’arrivo di Lavazza aiuti le aperture almeno nel settore alimentare. «Noi — riprende Vergata — speriamo che ci aiutino gli eventi al Parco Dora. Alla fine del Ramadan, in via Borgaro ho visto tanta gente passare». E c’è un’altra fetta di Torino, dalla parte opposta della città, che si augura lo stesso. Via Nizza zona nuovo palazzo della Regione. Una strada che da sette anni non esiste più, nascosta com’è dal cantiere della metropolit­ana, rallentato dal fallimento di due ditte appaltatri­ci.

«Noi siamo qui dagli anni Settanta, resistiamo, ma molti hanno chiuso. I ricavi si sono ridotti del 50 per cento», ripete Marco Vinardi, titolare del negozio di scarpe Piediluna e rappresent­ante dei commercian­ti della zona. Che ora guarda al 2021 come la fine di tutti i mali o quasi, dato che per allora, le due nuove fermate della linea 1 della metro dovrebbero essere finalmente pronte. E in attesa è pure il segmento di via Nizza tra corso Marconi e piazza Carducci. A settembre sarà pronta la pista ciclabile, in certe zone le strisce gialle sono già state dipinte, riducendo lo spazio di movimento per le auto. Tradotto: passaggi più difficili e meno parcheggi che spaventano i commercian­ti. «Forse la ciclabile si poteva fare meglio, ma ormai c’è e aspettiamo venga completata per valutare, anche se alcuni colleghi segnalano già una diminuzion­e degli affari del 30 per cento — spiega Luigi Matteoda dell’omonima ferramenta — Ma non diciamo che via Nizza è impossibil­e da raggiunger­e e che noi non vogliamo i ciclisti. Anzi: facciamo anche sconti a chi viene in bici».

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