COME CAMBIA LA RIVOLTA
L’approvazione delle mozioni pro Tav e la contestuale bocciatura di quella contraria del Movimento 5 Stelle al Senato hanno aperto la strada alla realizzazione dell’opera. Stavolta, si spera, definitivamente. La pronuncia favorevole, avvenuta nel luogo deputato all’esercizio della sovranità popolare, ridefinisce dalle fondamenta il senso delle pur legittime rivendicazioni No Tav: infatti la natura universalistica del voto parlamentare fa risaltare sensibilmente la natura particolaristica e comunitariamente egoistica dell’azione politica di quella ristretta, ma rumorosa, minoranza. Questa maturata consapevolezza, però, non affievolirà le proteste. Anzi. Il cantiere tornerà operativo, ma allo stesso tempo riprenderà anche la mobilitazione, presumibilmente con il ricorso a nuovi repertori espressivi, visto il mutato scenario politico. L’attivismo No Tav, infatti, non può più contare sul suo «braccio» politico, perché il Movimento 5 Stelle alla fine ha dimostrato il suo interesse strumentale alle cause di quei movimenti che hanno costituito l’ossatura originaria della sua rete di consenso (la Tap e l’ilva in Puglia, il Muos in Sicilia e ora la Tav in Piemonte).
Quali potranno essere, di qui in avanti, gli obiettivi dei No Tav è difficile dire. Senza una forte base parlamentare di riferimento, ne dovranno stabilire di nuovi e diversi. Un rischio possibile è che il movimento, finora comunque capace di rappresentare la sua azione politica in chiave di cambiamento, possa evolvere in sterile rivolta estemporanea. In ribellione per la ribellione, con l’obiettivo indicibile dell’autoconservazione, presente in ogni mobilitazione di tipo comunitario. In fondo i No Tav vantano da tempo il villaggio di Asterix come tratto identificativo del loro immaginario. Occorre allora evitare che le reti della protesta ancora attive ritrovino nel cantiere la ragione stessa della loro esistenza. Questa ipotesi impone una nuova difficile sfida alla politica locale e nazionale. La Torino-lione dovrà essere costruita in condizioni di civiltà. Perciò le istituzioni non potranno
❞ La responsabilità Compito della politica è non farlo diventare un affare per artificieri esperti
affrontare la fase più identitaria e resistente del No Tav come una mera questione di ordine pubblico. Prima di tutto perché non lo è, ma anche perché uno scenario di contrapposte isterie non arrecherà vantaggio a nessuna delle parti in campo. Governo e amministrazioni locali dovranno saper stabilire le condizioni di normalità necessarie a proseguire i lavori attraverso l’intelletto e la ragione. Affinché ciò accada, serve che la politica, prima fra gli attori in partita, smantelli quell’ormai insopportabile sovrastruttura simbolica che ha montato il caso fino a farlo diventare un affare per artificieri esperti. Se dopo anni di aspro scontro ideologico, combattuto dietro le foglie di fico di inutili perizie e studi di fattibilità, potesse aprirsi una fase di reale deideologizzazione del dibattito, la politica avrebbe dato un ulteriore valido impulso al progetto.