Partorisce in casa e il neonato muore
La tragedia in una cascina della Valsessera. La procura ha aperto un’inchiesta
Un neonato partorito in casa in Valsessera, nel Vercellese, è morto, poche ore dopo, all’ospedale Regina Margherita di Torino. Il fatto è avvenuto nella notte tra mercoledì 7 e giovedì 8 agosto, intorno alle 2.30. Una giovane donna residente in un piccolo centro della valle ha dato alla luce un bimbo nella sua abitazione. Il parto ha avuto delle complicazioni e i genitori della ragazza hanno chiamato l’ostetrica. Le condizioni del bambino sono apparse gravissime tanto da indurre la levatrice a chiedere l’intervento del 118. Soccorso che però si è rivelato inutile.
Volevano che il loro secondo figlio nascesse tra le mura in pietra e legno della vecchia cascina di famiglia, immersa tra i boschi del Biellese. Durante la gravidanza non si erano verificate complicazioni, ma nella notte tra mercoledì e giovedì il travaglio è arrivato all’improvviso e, probabilmente, non sono riusciti ad avvertire in tempo l’ostetrica.
Il dramma di una coppia di trentenni di Caprile, paesino di 183 abitanti sulle montagne della Valsessera, è cominciato nella notte tra mercoledì e giovedì, poco dopo le 2. La giovane mamma avrebbe partorito senza alcuna assistenza e, quando è arrivata la levatrice, si è subito accorta che il neonato non respirava ed era già in arresto cardiaco. Il papà, un imprenditore agricolo che ha ricoperto anche cariche istituzionali in Comune, ha allertato i soccorsi e un elicottero del 118 ha trasportato il piccolo all’ospedale Sant’anna di Torino. Ma nel reparto di terapia intensiva è arrivato senza vita, con ogni probabilità stroncato da un’asfissia neonatale.
A stabilirlo sarà l’autopsia disposta dalla Procura di Vercelli, che ha aperto un fascicolo per omicidio colposo a carico di ignoti: «Se l’ostetrica sia stata chiamata tardi dai genitori o sia arrivata in ritardo — precisa il Procuratore Pier Luigi Pianta — lo stabiliranno le indagini. Quello che dobbiamo capire ora è se il bambino si sarebbe potuto salvare utilizzando tutte le precauzioni del caso»
Da giorni nell’azienda agricola di Caprile i genitori del bambino
sono circondati dall’affetto di un’intera comunità, sconvolta dalla tragedia. Il figlio più grande della coppia era nato 12 anni fa in ospedale a Borgosesia, ma questa volta i due agricoltori avevano pensato a un parto fra le mura domestiche, come i loro nonni. Fino allo scorso 31 luglio la madre, che ha avuto una gravidanza fisiologica, si è presentata regolarmente negli ambulatori per i controlli e una settimana fa è stato stilato il «bilancio di salute» con previsione di nascita fissata per l’11 agosto.
In quell’occasione la donna ha manifestato alla ginecologa l’intenzione di partorire in casa: «Esiste un protocollo regionale — spiega Enrico Negrone, primario di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale di Borgosesia — che consente alle donne di essere assistite da ostetriche che non fanno parte del sistema sanitario per dare alla luce i loro figli a casa. Il percorso viene sviluppato in assoluta fisiologia, ma c’è sempre una struttura di riferimento che dovrebbe essere contattata in caso di problematiche. Partorire in una struttura ospedaliera, però, è sempre consigliabile e permette di ridurre al minimo i rischi legati a possibili complicanze».
All’inizio di luglio l’ostetrica che aveva preso in carico la mamma ha inviato una comunicazione che è stata inserita nella cartella clinica della donna: «Ma noi avevamo preparato tutta la documentazione — spiega una nota dell’asl — in previsione del parto. Come ospedale non siamo stati contattati in alcun modo, né siamo stati informati dell’inizio del travaglio».
Nelle prossime ore la Procura vercellese cercherà di ricostruire la vicenda, ma in paese nessuno ha voglia di parlarne: «Sono due ragazzi — spiegano gli amici — che vivono qui da sempre. Lui è stato per dieci anni consigliere comunale in paese, siamo senza parole».