«Codice rosso» Cinque donne vanno dal pm
In Procura è in vigore da ieri il «Codice Rosso»: obbliga i pm a raccogliere la testimonianza della persona offesa, nei casi di violenza domestica e di genere, entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato. Nel primo giorno di attuazione, sono stati segnalati 5 episodi di stalking e maltrattamenti.
Nelle prossime 72 ore cinque donne sfileranno in Procura per raccontare la loro storia di abusi e sofferenza. Sono le prime che beneficeranno della corsia preferenziale creata dall’entrata in vigore di «Codice Rosso», la legge che ha introdotto modifiche al codice penale e di procedura «in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere». La novità più rilevante è l’obbligo per i pm di raccogliere la testimonianza della persona offesa entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato nei registri della Procura.
Nel primo giorno di attuazione della legge sono cinque i fascicoli che verranno trattati
sulla base delle regole organizzative fissate in una circolare dal procuratore capo reggente Paolo Borgna. Le inchieste raccontano episodi di maltrattamenti in famiglia e di stalking: le vittime sono tutte donne, quattro di nazionalità italiana e la quinta straniera. Adesso un ufficiale della polizia giudiziaria entrerà in contatto con loro per fare una prima valutazione e stabilire con quale urgenza sia necessario intervenire. Fissare una priorità tra i casi è un passaggio fondamentale per tutelare le vittime in maniera efficace ed evitare che gli uffici giudiziari vadano in affanno. Basti pensare che nel 2018 ciascuno dei dieci magistrati che fanno parte del pool «fasce deboli» ha trattato 200 casi per un totale di oltre 2 mila notizie di reato. In pratica, stando alla nuova normativa, ogni pm avrebbe dovuto raccogliere dalle quattro alle sette testimonianze al giorno.
I numeri sono destinati a crescere, se si tiene conto che «Codice Rosso» indica tra i reati prioritari anche i casi di mobbing e di stalking condominiale. E aggiunge nuove fattispecie: il «revenge porn» per la diffusione di immagini o video sessualmente espliciti; la costrizione o l’induzione al matrimonio; la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa famigliare o il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima.
Da qui la nascita in Procura di una task force, composta da tre agenti, con l’incarico di ascoltare le vittime entro tre giorni per stabilire le priorità. Per farlo sono state individuate sei domande chiave: se vi sono minori coinvolti; se l’autore delle violenze ha nella sua disponibilità armi di qualsiasi tipo o sostanze pericolose; se l’indagato ha problemi di dipendenze da stupefacenti, alcol o psicofarmaci o è affetto da ludopatia; se la persona offesa è in una situazione protetta o meno; se tra il momento in cui è stata presentata denuncia e quello in cui è avvenuta l’audizione ci sono stati altri episodi allarmanti; infine, se esistono altre persone a conoscenza dei fatti. Inoltre, nella circolare si spiega che se mancano del tutto le dichiarazioni della vittima (ad esempio quando la notizia di reato è costituita solo da un certificato medico e da una relazione di servizio delle forze dell’ordine), l’agente dovrà farsi raccontare in maniera «sintetica» i fatti: in sostanza, se si è trattato di un episodio isolato o se gli abusi sono sistematici.
La procedura prevede però anche una deroga. Il termine dei tre giorni, infatti, non verrà rispettato qualora per esigenze investigative sia necessario mantenere l’inchiesta riservata o quando l’audizione a sorpresa possa mettere in pericolo la vittima.
Le priorità Entra in vigore anche la circolare Borgna per stabilire i fascicoli da trattare con urgenza