Corriere Torino

Il Po è un jolly e può diventare motore di sviluppo

- Di Rodolfo Bosio

Pochi giorni fa, il Consiglio comunale ha approvato una mozione che impegna sindaca e giunta a designare il Po come «bene comune da tutelare e valorizzar­e» oltre che a recuperare i sei attracchi fluviali da Moncalieri ai Murazzi «non soltanto per il trasporto turistico ma anche per la fruizione sicura da parte dei singoli cittadini, in un primo momento anche solo come punti panoramici e aggregativ­i». La stessa mozione impegna il governo urbano a utilizzare anche le competenze delle società remiere presenti sul fiume Po nello «sviluppare il progetto di fruizione e un progetto di informazio­ne e formazione per i frequentat­ori degli attracchi in caso di eventi atmosferic­i». I firmatari della mozione, quindi, chiedono di avviare una procedura di messa a bando degli attracchi, procedendo in accordo con Gtt per quanto riguarda la gestione e la manutenzio­ne delle strutture per l’imbarco/sbarco dei natanti a remi, favorendo nel bando l’aggregazio­ne di più enti e associazio­ni.

Che esiti avrà la mozione si vedrà. Però, ha almeno il pregio di evocare il tema della situazione e delle potenziali­tà dell’area cittadina percorsa dal più grande fiume italiano, che potrebbe essere un rilevante fattore di sviluppo innanzi tutto per la città. Come dimostrano i casi del Tamigi a Londra, della Senna a Parigi, del Danubio a Vienna.

Nessun’altra città italiana ha un patrimonio come quello formato dal Po torinese: dalle sue sponde e dalle aree limitrofe, a partire da Moncalieri fino a San Mauro; il parco del Valentino e quelli più recenti, come Colletta e Vallere; le storiche società canottiere, i circoli sportivi, i locali caratteris­tici tipo l’imbarchino, i giardini lambiti dall’acqua; i maestosi palazzi su una riva e la meraviglio­sa precollina sull’altra. Un panorama unico per la sua bellezza. Dall’alto un quadro idilliaco; ma chi voga sul Po o ne percorre le sponde constata una situazione ben diversa. Fra l’altro, si possono vedere scarichi di dubbia provenienz­a, rifiuti abbandonat­i, zone degradate e altre non curate, piste e sentieri non attrezzati, locali chiusi da anni, giochi rotti, aree dominate dagli spacciator­i. Per non parlare dell’impossibil­ità di frequentar­e quasi tutta l’area dopo il tramonto, quando, altrove, le rive dei grandi fiumi vengono rianimati dai frequentat­ori dei ristoranti­ni, dei battelli, da giostre e spettacoli dal vivo, da mostre e musicanti, da impiegati e manager che fanno jogging su percorsi ben illuminati e sicuri, da tante famiglie a passeggio, da migliaia di turisti. Il Po torinese può diventare un rilevante motore economico e occupazion­ale di sviluppo. Non è difficile immaginare come potrebbe risultare tutta la lunga fascia che affianca lo scorriment­o del fiume se venisse considerat­a come un unicum, interament­e collegata, dotata di campi per sport, piscine, passeggiat­e, lidi aperti e curati, ins0tallaz­ioni per diverse attività confacenti al luogo, locali destinati a ospitare manifestaz­ioni culturali, la movida. Certo, occorrereb­be un progetto ampio e ambizioso, coordinato con l’agenzia interregio­nale per il fiume Po, le Sovrintend­enze, coinvolgen­te i soggetti privati e pubblici già operanti ma anche nuovi investitor­i specializz­ati. Sarebbe indispensa­bile, però, prima di tutto, che il governo locale si ponesse l’obiettivo della grande valorizzaz­ione del Po torinese, inteso come una risorsa di valore internazio­nale, perseguend­olo, poi, con determinaz­ione.

Non lanciare la sfida del «Po nuovo tesoro di Torino» sarebbe un errore grave, che la città, impoverita, non dovrebbe permetters­i. Il Po è un jolly naturale, ma va giocato, il più presto possibile.

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