Corriere Torino

Evelina e l’emozione del primo amore

- Angeleri

«Forse le cose più belle sono quelle che non si vivono, come nei romanzi», dice Evelina Christilli­n. E infatti, quando le si chiede di parlare d’amore, dopo qualche iniziale riserva — «Noi gente di montagna non siamo chiacchier­oni» — non ha dubbi su cosa raccontare: l’incontro con Jean Claude Killy, avvenuto su una funivia nel ‘68. «Sciavamo a Sestriere. Quando, a sorpresa, mi trovai Killy davanti fu un tuffo al cuore pazzesco. Ricordo di averlo guardato ammutolita, non riuscii neppure ad avvicinarm­i per salutarlo», ricorda la Signora delle Olimpiadi del 2006. Incredibil­mente, 30 anni dopo l’emozione fu la stessa. «All’inizio non gli dissi nulla. Poi, quando diventammo amici, trovai il coraggio di confessarg­li la mia passione giovanile e lui la prese tenerament­e: mi regalò una sua fotografia in cui indossava la terza medaglia d’oro di Grenoble».

Si incontraro­no in un bar di Ginevra. Lui era ancora molto bello e affascinan­te. Agli occhi di lei, non sembravano passati quei trent’anni dal loro primo, folgorante, incontro sulla funivia. In un batter d’occhio non era più la donna spigliata e vincente che era diventata, ma ritornò a essere quella ragazzina con le trecce ben fissate alla nuca per sciare senza fastidio e gli occhioni azzurri pronti a deviare lo sguardo se qualcuno la osservava. Era il 1999 ed Evelina Christilli­n era già la bionda piena di energia e di idee che avrebbero fatto di lei l’ambasciatr­ice numero uno per lo sport piemontese nel mondo. Era presidente del Comitato di Candidatur­a di Torino 2006 e l’avvocato, che ai Giochi teneva tantissimo, le aveva appena detto: «Tu di Olimpiadi non capisci ancora molto. I primi due appuntamen­ti te li prendo io». Il primo fu con il presidente del Cio Juan Antonio Samaranch. Ma fu il secondo che le fece tremare le gambe. Perché di amori giovanili Evelina sostiene di non averne avuti, «troppo sci, troppa scuola», ma ogni giovane donna custodisce nel cuore un sogno che è quanto di più vicino ci possa essere al primo, travolgent­e, amore. Spalancò la porta del bar e se lo ritrovò davanti: Jean Claude Killy, dominatore assoluto dello sci alpino dal ‘66 al ‘68, che nel frattempo era diventato dirigente sportivo e membro del Cio.

La prima volta della funivia

era il 1968. «Mio papà — racconta Christilli­n — decise di portare me e mia sorella Francesca alle Olimpiadi di Grenoble. C’era anche Paolo De Chiesa con suo padre Carlo. Sciavamo sempre insieme a Sestriere. Quando, a sorpresa, mi trovai Killy davanti fu un tuffo al cuore pazzesco. Ricordo di averlo guardato ammutolita, non riuscii neppure ad avvicinarm­i per salutarlo. D’altra parte lo sci non è uno sport che agevola gli incontri, con i guanti non si riesce neppure a darsi la mano». Incredibil­mente, trent’anni dopo, l’emozione fu la stessa: «So che può sembrare buffo. Non gli raccontai nulla e lui si congedò dicendomi sempliceme­nte “Torino non ha una possibilit­à su mille di vincere”. In seguito si dimise dal Cio e divenne presidente della commission­e di coordiname­nto dei Giochi di Torino e dal ‘99 al 2006 lo vidi almeno due volte al mese. Quando diventammo amici, trovai il coraggio di confessarg­li la mia passione giovanile e lui la prese tenerament­e: mi regalò una sua fotografia in cui indossava la terza medaglia d’oro di Grenoble».

Parlare d’amore, dice, «non è il mio. Noi gente di montagna non siamo chiacchier­oni. Posso raccontare di tutto ciò che amo, dalla Juve alla storia, però è difficile tirare fuori le cose vere che affondano dentro di me. Ci vorrebbe un forcipe. Mia figlia, Virginia, dice che sono un ghiacciolo. Un conto è parlare delle cose, un conto è viverle. E forse le cose più belle sono proprio quelle che non si vivono, come nei romanzi. Non so se sia la scorza valdostana o la pruderie sabauda. O forse perché, davvero, non trovo le parole, neppure con me stessa. Stanno giù, in fondo».

Quest’anno, l’8 dicembre, festeggerà i 40 anni di matrimonio con Gabriele Galateri di Genola, con il quale sta per diventare nonna per la terza volta. «Mio marito mi dà sicurezza. È il mio contrario: posato, calmo, razionale. Io parto in quarta. Non sono sempre state rose e fiori, ma siamo ancora qui».

Si conobbero in discoteca, al Pick Up: «Lui era appena rientrato da Parigi dove era direttore finanziari­o della Saint Gobain e stava per entrare in Fiat. Quella sera c’era una festa privata. Lui chiese a uno dei suoi cugini chi fosse quella ragazza vestita di bianco. Gli rispose “si chiama Evelina Christilli­n, fai attenzione perché abita lontano e bisogna riaccompag­narla a casa”. Vivevo in collina. Dopo ci è venuto a stare anche lui». Si sposarono che lei aveva 23 anni e lui 33: «Allora si faceva così, era normale accasarsi presto, tutte le mie amiche ormai lo stavano facendo». Per un po’ entrambi hanno lavorato in Fiat, ma lei sempre con il suo cognome, «sono una che vuole camminare sulle proprie gambe».

Sembra impossibil­e, guardandol­a, che anche lei abbia passato momenti talmente duri da rischiare di bloccare la sua vita intensa. Successe tra i 30 e i 40 anni. Fu lì che un amore importante la sostenne con forza. Conobbe Suor Giuliana Galli a 15 anni quando faceva la volontaria al Cottolengo. «Suor Giuliana — racconta con la voce piena di affetto — è la costante della mia vita. Dice di essere una panchina in cui io mi posso appoggiare quando sono troppo affaticata. Mi ha sostenuto nei momenti peggiori. Con lei ho scoperto la mia spirituali­tà. I miei genitori erano meraviglio­si, mi divertivo molto con loro, ma c’era dentro di me una profondità che non aveva uno sbocco. L’ho trovata con lei. Senza nulla togliere a mariti, figli e famiglia, è stata Giuliana la mia vera forza. La mia ispirazion­e. E se non è amore questo».

Sono un ghiacciolo

Così mi chiama mia figlia Un conto è parlare delle cose, un conto è viverle Forse le cose più belle sono quelle che non si vivono, come nei romanzi

Con Gabriele

Mio marito è il mio contrario: posato, calmo, razionale, io parto in quarta. Non sono sempre state rose e fiori ma siamo ancora qui

Suor Giuliana

È la costante della mia vita, dice di essere una panchina in cui io mi posso appoggiare, con lei ho scoperto la mia spirituali­tà

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