Stefano Benni «Sono cinefobo, ma parlo di film»
Stefano Benni stasera sarà al Massimo per parlare di cinema: «Scrivo complesso, è difficile trarre qualcosa dai miei libri»
Con Stefano Benni, il surreale è sempre dietro l’angolo. Lo dimostra bene l’appuntamento di questa sera al Cinema Massimo, dove l’autore bolognese si presenta come protagonista del quinto episodio di «Masterclass», rassegna dedicata al rapporto tra scrittori contemporanei e storia del cinema, ammettendo candidamente il suo disamore per la Settima Arte. Anzi, la sua «cinefobia».
Tra le penne umoristiche più amate dal pubblico italiano, fin dai tempi dei racconti di «Bar Sport» (classe 1976) e proseguendo con «Comici spaventati guerrieri», «Il bar sotto il mare», «La Compagnia dei Celestini», «Margherita Dolcevita» e tanti altri ancora, con qualche esperienza nei panni di soggettista e sceneggiatore, Benni spezzerà anche la routine del format. Nei primi quattro incontri dell’anno, gli scrittori ospiti avevano sempre portato con sé un film del cuore: aveva aperto il direttore del Salone del Libro Nicola Lagioia con «La morte corre sul fiume» di Charles Laughton, quindi era stata la volta dell’italo-iracheno Younis Tawfik con «Il pianista» di Roman Polanski,
del torinese Alessandro Perissinotto con «La camera azzurra» di Mathieu Amalric (strizzando l’occhio anche a Georges Simenon) e infine del romano Andrea Pomella con «The Tree of Life» di Terrence Malick.
Benni porterà invece... Benni. O meglio «Le avventure del Lupo. La vera storia di Stefano Benni», il documentario che la regista Enza Negroni (anche lei presente in sala) ha girato nel 2018. Un film raro, premiato con una menzione speciale al festival del cinema italiano di Madrid, il primo in cui lo scrittore accetta di raccontarsi — in occasione del suo settantesimo compleanno — con l’aiuto di amici come Daniel Pennac, Alessandro Baricco e Angela Finocchiaro.
Il «Lupo» sarà in Sala Soldati a partire dalle 20.30 e prima di arrivare a Torino ci ha concesso alcuni ululati. Verso la luna del cinema, e non solo.
Benni, si ricorda quando è scoccato il suo amore per il cinema?
«No, ma io sono cinefobo. Mi piace quasi solo Kubrick».
Il sottotitolo di Masterclass recita: «Gli scrittori italiani sono chiamati a raccontarsi attraverso il cinema». C’è un film o personaggio che sarebbe perfetto per raccontarla?
«Mi piacerebbe Buster Keaton, per fare ridere senza usare la parola».
Al Massimo sarà proiettato «Le avventure del Lupo. La storia quasi vera di Stefano Benni». Da sempre «Lupo» è il suo soprannome, come mai?
«Andate a vedere il documentario, lì c’è tutto».
Che lupo è oggi?
«Vecchio e col pelo bianco».
Secondo un famoso proverbio, il pelo potrebbe non durare. A differenza del vizio: qual è quello che non ha mai perso?
«La totale mancanza di pazienza».
Cosa pensa il lupo degli ultimi rocamboleschi sviluppi della situazione politica?
«Che non sono così importanti come lo sono per i media. La catastrofe climatica è un grande problema, di cui scrivo sempre. La politica italiana è una misera cosa al confronto».
Al ministero della Cultura è tornato Dario Franceschini, con cui nel 2015 fu protagonista di un acceso confronto. Qualcosa potrebbe essere cambiato rispetto ad allora?
«Ovviamente sì, se si vuole aiutare la cultura si può sempre farlo. Ma siamo anche pronti ad andare avanti da soli».
La sua cinefobia è applicata anche alla scrittura? In passato si è messo alla prova con soggetti e sceneggiature per il cinema.
«Scrivo troppo complesso e non amo la linearità narrativa, è molto difficile trarre qualcosa dai miei libri».
Tra gli amici che compaiono nel documentario c’è Baricco. Approfitterà della Masterclass per andare a trovarlo o per fare altro a Torino?
«No, posso restare solo un giorno».
L’ultimo film che le è piaciuto?
«Grand Budapest Hotel».
Chi potrebbe raccontarmi è Buster Keaton, che fa ridere senza usare la parola