«I miei caveau per custodire il segreto del Castelmagno»
Giorgio Amedeo progettava casseforti per banche e brand di lusso. Oggi si è fatto custode del formaggio della Val Grana
Giorgio Amedeo è stato manager prima della Cometto poi Unicem e infine Parma Casseforti, ha progettato forzieri per Armani, Bulgari, istituti di credito. Nei weekend coltivava la passione per i campi e gli animali e oggi quell’hobby è diventato il suo secondo lavoro: si dedica infatti all’azienda agricola La Meiro in Val Grana (Cuneo) dove custodisce, proprio come faceva nella precedente vita, le tipicità del luogo. Una di queste è il formaggio Castelmagno: 2.500 forme. «Difendiamo un prodotto artigianale frutto di un microclima unico».
«Amici Castelmagno esultano per primo ingegnere storia millenaria del paese et ti inviano affettuose congratulazioni». Così recitava il telegramma spedito il 28 ottobre 1971 dal sindaco Gianni Dematteis al giovane ingegnere Giorgio Amedeo. Con quel telegramma Amedeo diventava cittadino del paese della Val Grana (Cuneo) e iniziava una vita parallela: in settimana manager, prima della Cometto poi Unicem e infine Parma Casseforti, nei weekend contadino con un’unica passione: il formaggio Castelmagno. Il manager oggi lo troviamo nell’azienda agricola La Meiro a cui si dedica ormai a tempo pieno.
Ingegnere, dal caveau delle banche a quello di Bulgari e di Armani, al caveau del tesoro della Val Grana. Lei è nato per custodire grandi patrimoni.
«È così. Con mio figlio Andrea ho scelto di valorizzare al meglio la mia valle di origine, la Val Grana, con le sue preziose risorse: il Castelmagno Dop, l’aglio di Caraglio, la patata Piadlina di Monterosso
Grana. Una storia millenaria di una valle che nel medioevo è stata rifugio per i Catari, considerati eretici dal Papa. A quel periodo si ricollega la ricetta originale del Castelmagno».
Eccolo dunque il tesoro di questa valle.
«Certo. Infatti lo conservo con la stessa cura di quando mi occupavo delle cassaforti dei clienti. Talvolta difficili da aprire perfino per i loro proprietari. Ricordo ancora di essere stato svegliato una notte da Giorgio Armani che non riusciva ad aprire quella che gli avevamo venduto».
Ed è rimasta chiusa?
«Macché, aperta in meno di 20 secondi da un nostro tecnico! Al punto che Armani, pur soddisfatto del risultato, rimase perplesso per la rapidità dell’intervento».
Sono circa 2.500 le forme di Castelmagno conservate sottoterra, appunto nel caveau dell’azienda di Giorgio Amedeo. Una ricchezza non solo economica quella del re dei formaggi. Un prodotto a origine protetta, che scopriamo anche essere in un recente studio dell’università di Zurigo ricco di Omega 5.
Avrebbe mai immaginato che quel telegramma di quasi 50 anni fa le avrebbe dato tutta questa responsabilità?
«Per fortuna non sono da solo. Oltre alla mia famiglia qui nella conca di Chiappi, il cuore del Dop, ci sono altri tre produttori. (pessione, Isoardi e Arneodo, ndr). Noi insieme difendiamo un prodotto artigianale frutto di un microclima unico».
Qual è il complimento che ha più apprezzato?
«Una sera del 2010 a una cena a casa del produttore di Barolo Bruno Ceretto, ospiti Gianluigi Gabetti, l’archistar Daniel Libeskind e Giorgetto Giugiaro, fu proprio il designer a lasciarmi un biglietto con scritto a proposito del Castelmagno: “Non riuscirò mai a disegnare quello che i miei sensi hanno potuto gustare”».
Cosa dobbiamo ancora aspettarci da lei?
«Nella mia vita ho imparato che studiare è importante, anche per dare forma al Castelmagno. Mi piacerebbe contribuire alla realizzazione di un polo universitario qui in valle per accogliere studenti da tutto il mondo. È importante conoscere i segreti del pastore, l’ascolto della terra, la sapienza di chi ci ha lasciato in eredità questi luoghi e quello che con il nostro lavoro siamo riusciti ad aggiungere».
❞ Una notte mi svegliò Giorgio Armani che non riusciva ad aprire una mia cassaforte
Mi piacerebbe contribuire alla costruzione di un polo universitario qui in valle